Un tempio dell’arte in Ticino

dott. Eduard von Mayer


Minusio nelle vicinanze di Locarno, sulla riva della ripida collina sul preistorico fiordo che noi chiamiamo l’azzurro Lago Maggiore- nel bel mezzo di un paesaggio che ricorda l’Ellade, dai colori dalla magia meridionale e dalla vegetazione che armoniosamente s’incontrano con i lineamenti eroici di mon­tagne: nel «paese della pace» Locarno, dove parti avverse cercarono l’accordo, dal 1927 si erge, quale monumento di primo ordine in bellezza e spirito, un tempio opera di vita quale momento di pace sopra la solitaria grandezza di ori­gi­naria umanità, com­bi­nata alla magia di una nobile ed allegra bellezza. E’ il Sanc­tua­rium Artis Elisarion, un monumento lì per superare gli opposti. Il poter accedere a questo santuario è, per chiunque ne ha l’animo predisposto, un’esperienza du­ra­tura. Nessuna raffigurazione ne può riprodurre la magia ed in dettaglio la luce del dipinto, in particolare dell’opera prin­ci­pale, che è stata realizzata con una tecnica unica dalle tras­pa­ren­ze ed insuperabile nei colori. Il poter vedere l’opera, rappre­sen­ta, sia per l’uomo più moderno che per chi è sal­da­mente legato alle tradizioni, l’obiettivo di un pel­le­gri­nag­gio.

Il tempio dell’arte, come fu ripetutamente riferito da visi­ta­tori dalle molteplici lingue, è una piccola gemma dell’arte cos­trut­tiva nel quale poli contrapposti armonizzano tra di loro com­pe­net­rando il settentrionale con il meridionale medi­ter­ra­neo. Il luogo contiene, accanto ad altre opere capolavoro, un gioiello dell’arte figurativa, il monumentale e sacramentale polittico: «Il Chiaro Mondo dei Beati» di Elisarion, un artista di origini baltiche ora ticinese, Elisàr von Kupffer che per la sua opera di vita ha rinunciato da anni al suo cognome di famiglia per farsi chiamare col suo semplice nome Elisario da meglio ricordare anche da altri popoli che visitano la sua opera a Locarno, e questo analogamente ad altre significative per­so­na­lità della storia spirituale: un Francesco d’Assisi, un Dante, un Michelangelo, Tiziano, Raffaello, Platone, Maometto.

Il «Chiaro Mondo dei Beati» … è la visione di un illu­mi­nato mondo di pace dove possiamo vivere amando e poterlo accarezzare nelle sue belle tracce e felici premonizioni: esse sono fornitrici di forza e coraggio ed indicano la via per l’ac­cordo delle forze maschili con la grazia femminili.

 

Volgo il mio capo alle stelle

di nulla ho paura

allegro saluto la luce

nel lento lontano tramonto.

Elisarion, Risurrezione

Per taluni il «Chiaro Mondo» è ancora un desiderio o un sogno, mai visto altrettanto bello; per altri – ed in particolare per l’artista stesso – è la visibile fede ad una superiore armonica realtà, eterna.

A seguito di mie cattive esperienze nella vita, ed rico­nos­ci­mento della natura, presto giunsi  ad una rottura con quella vecchia credenza che negava un’unica «valida» previsione. Ma le mie ricerche nella natura mi hanno mostrato l’impossibilità e gli errori logici dei dogmi meccanici e, più profondamente penetrai nell’essere creativo della personalità, viva e in lotta, più riconobbi una nuova e viva possibilità dell’ordine nel mondo terreno, al di là del semplice mero creato fatto di cifre. Poi mi raggiunse la grande intuizione di Elisarion che rias­sun­se con finita chiarezza il dramma dell’universo nelle tre parole dei valori «essere singolo», «mondo del caos» e «chiaro mondo» del cui riconoscimento scrissi con severità scientifica nella mia opera «Il futuro della natura».

Qui c’è del nuovo. Senza appoggiarsi ad una mitologia o leggenda o a un dogma, questa leggendaria «inspiegabile bel­lez­za» (come si espresse una giovane ragazza), questo leggero mondo di armonia rappresenta un proprio nuovo mito e credo. Nel poco tempo che quest’opera si rese disponibile a chi la cercava, essa già emana una intensa spiritualità ed azione re­li­gio­sa sugli innumerevoli visitatori, su donne, uomini e giovani di cui, in grande numero felici ed entusiasti dell’opera, si esp­res­sero sulla «purezza che li affascinò» e che portò «chiarezza nell’oscurità del loro intimo», dando loro nuovamente «un credo nell’umanità». Questo diretto influsso su persone della più diversa mentalità ha più volte indotto ad un’azione «magica» così interpretata in loro dichiarazioni. Visitatori che, silenziosamente, hanno fatto loro il linguaggio di questi personaggi e la poesia dei loro colori, raggiungendo una pace interiore che li resero poi aperti e disponibili a quanto prima vedevano in modo ostile.

Quando il bramino nemico dei cristiani, preso dalla «nobi­li­tan­te azione di questa grande bella opera d’arte», scrisse «che questo luogo copre ogni pollice delle pareti come se fosse un santo scrigno» – il prete cattolico ritiene queste danze di nudi personaggi «una predica del Vangelo più efficace di quella da un pulpito» e per il pastore protestante, una visione di vita eterna che guadagna e si avvicina giunge alla tomba consolante di chi porta dolore – lo scettico libero pensatore però ammette che questa sia la «rappresentazione di un nuovo mondo felice» al quale, come tutti nel loro intimo, si aneli – quando per il medico dei nervi, la visione di questa leggiadria di gioia lo induce a pensare che possa guarire i suoi pazienti, e per nobili donne esso sia la risposta di pace alle loro beghe: ancora una volta, e in modo più potente che mai, l’arte si mette a capo dell’uma­ni­tà, come dimostra e risulta pertanto evidente che questa pura opera d’arte, la cui creazione fu scevra da qualsiasi tendenza extra artistica, è contemporaneamente un’opera d’umanità per lo spirito dell’anima cui appartiene il futuro, sempre che il futuro appartenga all’umanità. Qui l’arte prende una posizione sovrana quale conduttrice dell’umanità. Arte ancora una volta più potente che mai, che oggi vorrebbe essere quasi degradata a pagliacciata dalle bolscheviche smorfie che ne testimoniano la loro disperazione. Ed altrettanto la percepì un monaco buddista di Ceylon che la paragonò ad un nirvana spirituale della liberazione dai caotici contrasti del mondo e dai suoi crampi. Ma qui l’arte è liberazione.

Il «Chiaro Mondo dei Beati» questa eterna presenza al di là di ogni tempo, questa inesauribile moltitudine oltre ogni cambiamento, ogni contrasto, anche di quello dei sessi, questa compenetrante pienezza di magnificenza del paesaggio mon­tag­noso e limpide acque, dagli alberi in fiore, dai prati fioriti e dalle farfalle, dell’innocente nobiltà delle innumerevoli  spoglie figure nella danza – nel disegno questo spettacolo globale di un mondo di luce di amore, di coraggio, è uno specchio magico di queste speranze del cuore umano che qui, come un velo davanti al proprio essere al centro delle cose, viene strappato, dap­pri­ma colpito, poi preso, poi liberato, poi elevato; e quando si tratta di tornare nella vita, lo si fa tranquilli e illuminati, guariti internamente, uscendone migliorati come disse un alto prelato «ogni volta lascio questo vero luogo sacro». Come la nobiltà dell’arte conferma quest’opera, lo dimostra anche la santità della felicità della bellezza.

 

La bellezza mi risveglia con muti dolori

sacri fuochi nel petto,

che fanno luce quanto mille candele

e nel mio cuore

risuona l’alto canto del piacere.

Elisarion, Risurrezione

Raramente l’arte si è dimostrata senza confini come la attua Elisarion nelle sue opere, un’artista della vita che, con scarni mezzi ed una salute compromessa, in annose sofferenze con coscienti rinunce a successo e riconoscimenti, da nessuno richiesto che non fosse il richiamo della sua anima in momenti difficili e con piena fedeltà al suo compito, realizzò in quest’ opera armonica di un’artista poeta le cui poesie di dolore, di passione e di superamento, gli permisero di svolgere le ali in sentieri coinvolgenti nella loro forza ritmica e figurativa e i cui drammi dell’eroico riconoscimento della propria creativa personalità contro l’assenza di carattere dalla massa, pensatore poeta altresì pensatore artista senz’ar­zi­go­go­lan­ti lamenti, dall’acuta logica seguì l’iter, seguì l’intuizione di un creativo ordine divino dell’armonia e della bellezza, al di sopra della materia grezza legata al caos, il Chiaro Mondo di Dio che si con­trap­pone al mondo del Caos, un artista creativo il cui istinto delle linee catturò le eterne melodie delle forme per poterle, da maestro, riprodurre quali geroglifici segni di Dio.

 

Gioco di muscoli canta agli occhi

Elisarion, Alle Porte dell’Eden

e il cui senso del colore trovò modo di sviluppare una difficile tecnica di trasparenza che diede ad ogni colore e ai loro più sottili e forti accordi una propria vita – un artista costruttore che secondo il giudizio di architetti riuscì ineguagliato a dar seguito ai suoi credi lirici e pittorici in una massa difficile, nuova e seppur semplice, l’espressione di forza, nobiltà, deli­ca­tez­za – contemporaneamente alla sua realtà terrena, l’anelito di un sacro castello.

Veramente l’opera complessiva di una personalità totale che avvera il compito interiore, una visione interiore e per­tanto nelll’imponente unità di un tutto, la bianca luce spiri­tua­le di una creazione policroma il cui simbolo, l’arcobaleno, rap­pre­sen­ta la pacifica armonia della visibilità che potrebbe essere, come d’altronde lo è, la perla nata come bellezza dal dolore. La sua opera pittorica monumentale il cui punto cen­tra­le è una parete circolare di 8,50 metri di diametro (dalla lunghezza di 26 metri ed oltre 4 metri di altezza) non è una semplice «illustrazione» di un pensiero, giudicato filo­so­fi­ca­mente di primo rango, ma bensì il mondo dei pensieri di un suo chiaro messaggio e la logica quintessenza di quanto, quale iniziato genio dalla primissima gioventù, fu portato alla crea­tiv­ità delle immagini, ma che fu, a seguito di vicende della vita, ritenuto fin tanto che esse non vennero ancor più poten­te­mente alla luce con il mistero della creazione, pertanto anche il nocciolo dei suoi pensieri che riconoscono in Dio l’eterno artista creatore dei mondi. E le sue poesie «Leben und Lieben» Vita e amore, 1895, «Auferstehung» Resurrezione, 1900, «An Edens Pforten» Alle porte dell’Eden, 1907, «Hymnen der Heiligen Burg» Inni del Sacro Castello, 1913, non sono semp­li­ce­mente ritmati versi pieni di contenuti, ma bensì visione plastica e lirica in cui il pittore si fa parola e che al flusso di passeggere visioni vuol fissarne le impressioni:

 

La sera copre con vibrazioni rosso viola

Le azzurre colline oltre i bruni tetti …

il sole tramonta in un calice di porpora –

e oscurando avido si prende le montagne.

 

La sera allarga le sue colorati ali

profonde nel cielo in mille colori,

Un pavone da favola, quali vampe di fuoco

Brillano le nuvolette in alto – ancora un ricordo

 

Del chiaro giorno. Addio! Morirono …

Già si avvicina la notte con muti colpi d’ala

E richiama del cuore domande non soddisfatte.

Le stelle aprono lucenti i loro occhi.

 

E dolcemente quale carezza, mi avvolge

il tuo braccio! Mattutine braccia dell’amore!

Elisarion, Fiorentina 41

La poetica umanizzazione della natura, la pittorica ebbrezza, si intessono in un tappeto da favola delle impressioni. Ovvero:

 

Sole di primavera, sole dell’amore

Penetri la nebbia, in sfondi azzurrini

Vedo accendersi ridenti colori!

Sole di primavera, sole dell’amore

Illumini i boccioli per annunciarne la maturità,

intensamente legati all’anima!

sole dell’amore! …

Elisarion, Alle Porte dell’Eden

Tutto è guardato col cuore; immediatamente eccheggia nell’a­ma­ro o felice suono dei canti  il grande senso della vita che Elisarion quale pensatore nuovamente riconosce: l’ama­rez­za del mondo del caos dove morte, odio e menzogna imperano – l’anima del Chiaro Mondo dove eterna gioventù, amore e in­no­cen­za, realtà superiori, si mostrano eternamente presenti nel cosmo, anche se nascoste all’immaturo, ma già in questa vita, quali tracce del Divino nella bellezza e gioia …

Le nuove ricerche dell’anima hanno scoperto, con la «psi­ca­nalisi», le profonde sotterranee sorgenti di desideri date da tanti sogni, poesie e miti; ricerche, distaccatosi con fatica da meccaniche mentalità che non riconoscevano realtà superiori, tentarono, tramite processi di delucidazione dei miti, di con­si­de­rar­li senza consistenza. A causa dell’«esclusione dell’in­di­vi­duale», non si riconobbe che le vere esistenze delle entità individuali non sono fantocci di una non meglio definita forza primigenia, ma bensì all’incontrario, sono loro che danno un elevato senso a questa forza. Nei miti e nei sogni vi sono indicatori di una più elevata realtà dal Chiaro Mondo della psiche – altrimenti non sarebbero possibili nemmeno «illu­sioni» quand’anche formazioni di verità da Chiaro Mondo o realtà. «Oh! Fosse vero, questo illuminato mondo da voi creato...» disse a Elisarion un parroco del bernese, «Fosse vero e reale» rispose l’artista visionario «non avrei manco potuto crearlo!»

Pertanto, un felice coraggioso senso femminile educato alla psicanalisi, ma non a questa costretta, un intelletto, ha osato un’analisi del cosmo: Margarete Mueller-Senftenberg sentì nell’opera «Körper, Seele und Geist im All» Corpo, anima e spirito nel cosmo che, già negli albori dell’umanità, l’in­ter­na preistoria della terra, è annunciata nella sua «Erfüllung des Neuen Zeitalters» L’Adempimento di una Nuova Epoca quale traccia senza età da lei creativamente scoperto. Con la suc­ces­siva maturazione del globo terrestre vi fu uno spos­ta­men­to della polarità di elettricità e magnetismo, di maschile e fem­mi­ni­lità nel senso di una crescente armonizzazione e deses­sua­lizza­zione dei contrapposti sessi. Pertanto con ciò, proba­bil­mente, e com­pren­sibilmente in termini scientifici, su questa terra modi­fi­cata prenderà piede un’alterata, più eguagliata, più bella e migliore umanità: uomini estivi, come persino sperò Nietzsche.

Ma noi siamo oltre Nietzsche che crollò nella sua risalita. Il mondo non è eterno ripetersi. Non è una bobina cine­ma­to­gra­fica, ma bensì l’autentico dramma di ogni anima. Indi­pen­den­te­mente da tali sviluppi dei singoli del mondo del caos, il Chiaro Mondo consiste, come la creazione di Elisarion, non nel mostrarsi quale altra realtà. Così la definì, nell’ambito dell’o­pe­ra di Elisarion, un pensatore olandese; «Come il Padre Nostro può essere una preghiera per tutti, altrettanto il Sanc­tua­rium Artis Elisarion può diventare un luogo di rifles­sione per tutti» e lo disse un uomo provato dalla vita. Ed altrettanto profondamente meravigliato, si espresse un funzionario con­solare italiano: «Il mio animo, raffreddato anticipatamente da anni di delusioni, torna di tempo in tempo a ripetutamente scaldarsi al mitico fuoco dell’arte di Elisarion». La spiegazione di un futuro spirituale, proprio oggi che si annunciano potenti sviluppi, si riflette nelle parole del dottore in teologia e parroco di Muralto, che a proposito dell’ancora incomparabile corag­giosa visione del Chiaro Mondo, disse e scrisse; «Continui così Elisario, Ut Instrumentum Dei» (quale strumento di Dio).

La costruzione del Santuarium Arti Elisarion, come si presenta oltre lo scosceso terreno, con il suo colonnato davanti al piano rustico e al portale di colonne fiorite sopra le quali il piano superiore, nell’arco dalla loggia e delle finestre il­lu­mi­nato, cresce leggero e nobile terminando nell’elegante accento della torre centrale, questo Sacro Castello è un richiamo al passante, (come si espresse un sacerdote) «Fermati! Entra! Qui c’è qualcosa di eletto da vedere!». Proprio così agì su una dama inglese che riprodusse la propria impressione in un foglio per stranieri di Locarno, in ricordo dell’istante nel quale l’ar­chi­tet­tura della costruzione l’attirò dove poi recepì il messaggio spirituale a lei diretto «di un’unica bellezza, felicità e pace». Dall’agosto 1927 il santuario è pertanto completato, come detto, in tutto e per tutto secondo i piani dello stesso Elisarion; solamente la rotonda attende ancora i mezzi materiali per la sua realizzazione, allacciata a settentrione all’attuale cos­tru­zione che però già oggi attua la sua azione artistica e spirituale. Il profilo delle altezze esterne si ritrova all’interno lungo un asse come quello che porta lo sguardo verso l’alto (nate dal concetto interiore); queste si ripresentano nella hall del piano terreno in un festoso invito ad entrare e nella navata del piano superiore alla quale si è condotti da una chiara scalinata, dove al visi­ta­tore viene data un’impressione di ampio respiro di rivolgersi verso la luce puramente tramite forti volumi creati rit­mi­ca­mente: e questa è una prestazione d’arte nella cost­ru­zione! Già gli ambienti di per sè agiscono con la loro esp­res­sione geo­met­rica dando un senso all’atmosfera, rinforzati da una orna­men­ta­zione sacrale dei soffitti e delle porte. Qualcosa di libero, grande, chiaro, nobile aleggia nel dipanarsi dei locali.

Ma solamente l’opera pittorica, al centro del santuario il «Chiaro Mondo dei Beati» questo massimo canto di un lot­ta­tore, non uno sdolcinato intruglio ma un nobile vino da vitigno cresciuto al sole e chiarificato dagli anni …

Quando iniziò quest’opera di vita? All’età di sei anni il bambino ebbe un sogno: si vide seduto su un fiore trascinato sopra una luminosa superficie d’acque. Così presto, alla sua fantasia si presentò un’immagine che dalla sua profondità ne fu ed annunciò un destino di vita. Questo personaggio da sogno, in un ambiente leggero e bello, divenne l'embrione dell’opera, il nascosto cartello indicatore che venne seguito da Elisarion ancor prima che si occupasse completamente di arte figurativa, che segnò le impressioni storiche in viaggi creandosi schizzi di paesaggi che, propriamente visti, incorporano ugualmente atmosfere liriche e vissuti che si proposero, senza sosta ai suoi occhi, da nobili corpi, poi improvvisamente, il tutto cris­tal­liz­zandosi in una visione d’insieme del Chiaro Mondo dei Beati con quel primo personaggio di sogno che ora è tirato da un gruppo di farfalle sorridenti e su una gigantesca ninfea su di un brillante azzurro lago di ghiacciaio, di un gruppo pre­pri­ma­ve­rile che apre l’arco dei beati personaggi. Poi, per anni prima e durante la guerra, i singoli personaggi delle 84 figure ven­ne­ro alla luce, dal piccolo schizzo iniziale al cartone perfetto, attra­verso tutta una serie di studi nei quali sviluppò il suo stile tecnico e mise a punto la sua tecnica per far risultare al mas­simo la luminosità dei colori; tecnica che non permetteva correzioni e richiedeva un mas­simo di concentrazione nella sua esecuzione ma che, facendo penetrare il colore nella ruvida superficie, richiedeva grandi sforzi fisici; una tecnica che aveva attirato già molti pittori che però, come disse il pittore da Londra davanti all’opera di Elisarion, alla quale la maggior parte rinunciò in quanto troppo difficoltosa.

E ora, l’opera completata, allontanati gli intralci delle fatiche e dei lavori preparatori, essa riceve il visitatore, sempre luminosa anche in giorni critici come se il sole vi fosse im­pri­gio­nato, anche se fuori piove. Per molti già l’entrare in questa luogo rappresenta una «felice sorpresa di averlo visto, per crederci quanto veniva raccontato», scrisse un architetto. Tempo e mondo vengono qui dimenticati e le domande am­mu­to­lis­cono nell’animo, trasportate nel ritmo delle oscillanti linee che collegano i gruppi di innalzate cime delle elevazioni in alti fusti, dell’alto stato spirituale delle figure accentuate al­leg­ra­mente e ravvivate dalla più che ricca presenza di singole bellezze nei vasti prati fioriti attraversati da farfalle. Ed ogni piccolo dettaglio dell'opera emette lo stesso «amor sacro» che gius­ta­mente il (liberale) sindaco di Muralto definì com­para­bile a quello di un monaco cistercense, ma anche di un cuore che si dà interamente  nel trasmettere tutta la bellezza e la felicità quali tracce divine sulla terra, annunciate in mezzo ad un mondo di violenza e distruzione, di voglie e di invidie.

«Locarno» – politicamente, necessariamente una de­lu­sione – trova nel Sanctuarium Artis Elisarion, una visione ideale di realizzazione spirituale: qui c’è un mondo di opposti «si» Dieci anni prima del congresso, allorquando il mondo era in lacrime e sangue, Elisarion creò un dipinto che presagiva «Locarno», un dipinto la cui visione, già prima della guerra, ebbe in una solitaria chiesa della Normandia. Si tratta della «Nuova lega» il giuramento di pace delle razze tra loro ini­mi­cate. Davanti alle variopinte finestre e il bruno altare nella penombra viola di un vecchio Duomo, giurano una tregua definitiva, il biondo e l’oscuro di capigliatura con un calice di fiore quale bevanda consacrante e sacramento del pro­pu­gna­tore di una più alta umanità che vi è raccolta nella Magna Charta tenuta dal personaggio a sinistra e riconoscibile dal segno simbolo del santuario, dal fiore nato dalla croce della felicità che si trasforma in dolore e in un’immagine della pace e anche della lotta per il diritto ad un’altra esistenza; senza diritto e fedeltà giustamente non esiste alcuna pace. Come dice Elisarion?

 

La pace, che non bada al diritto,

Irragionevolezza oscura il nostro cuore.

Elisarion, Aino e Tio

E «Il genio della vita» … Quando sarà realizzata la Rotonda, dal coro. attraverso uno scuro, quanto le viscere del corridoio terra corridoio, la luce da un’unica vetrata del martirio che già ora cattura l’anima con i suoi lucenti colori. Poi, dietro una tenda, visibile questo quadro «Il genio della vita»! Rappresenta l’ul­tima effettiva entrata. Nella blu e violetta notte dell’uni­ver­so attraversata da stellari scintille di vita, il genio trionfante la morte e la menzogna, il cranio ed il serpente simboli del mondo del Caos, e tiene, alto nelle mani, un luminoso fiore. Hoc signo vinces.

Croce e fiore, Caos e Chiaro Mondo sono il doppio suono spirituale dell’opera globale, anche nelle tavole figurative, che preparano al polittico: la «Croce in Luce» dove, a un uomo le­ga­to quale San Sebastiano, il singolo nel mondo del Caos, legato dall’albero nella sua lotta verso l’alto, apparentato alle radici della terra, la divinità appare su di uno sfondo autunnale senza peso ed ombre, con una croce diventata aureola che nel suo splendore fa risplendere gli arbusti. Questo momento di libe­ra­zione spirituale corrisponde al profondo spirito dell’e­vo­lu­zione scoperta da Margarete Mueller-Senftenberger, del trapasso dal legame vegetale, mostrato visibilmente dalla forza delle piante, a quello del mondo della luce: da due punti di partenza diversi, essi si incontrano visibilmente nelle creative visioni di appa­ren­tati e diversamente indipendenti spiriti.

E qui, «L’albero liberato della vita» con i fiori ed i frutti, cui tendono e raggiungono, avendo vinto Eros il drago delle forze terrene, con l’audace riconoscimento da dove proviene e dove si dirige il sentiero della vita.

Ed altrettanto possiamo vedere il doppio accordo nel qua­dro della «Risurrezione» (o Due Mondi) dove l’uomo, quale croce diventata uomo, sulla sanguinosa cima della pianura serale sorge da nubi mi­nac­ciose e solo la sua anima astrale guarda ed aleggia da un mondo luminoso dell’aldilà. Nei dipinti, scherzosi ed ammic­can­ti quasi fossero da Mille e una Notte, «Tre anime», «Amor Dei Victoria», «Danza del Tem­pio», «L’ammaestratore di Uccelli», «Principe Primavera», «Raggio di Sole», «In Memo­riam», e molti altri, anche in loro aleggia una ulteriore atmos­fe­ra, che occhio profano non per­cepisce imme­dia­ta­men­te, che respira lo stesso spirito di accordo tra anima e corpo, quale chiaro suon di campana in un giorno di festa dell’anima, oltre le lotte di una vita oscurata, testimonianza di un obiettivo e di una pace, ben oltre la fredda ragione, meglio grazie al chiaro spirito che tutte le formule di spersonalizzati sofisticismi e meccanicismi.

E quale elevata e chiara ragione, quale scrupolosità e forza di volontà accompagnarono la fantasia del genio sul suo per­corso nella realizzazione del proprio intento! Quanto sor­pren­den­te ed intuitivo dapprima, altrettanto duramente e serio affrontò, con caparbietà l’opera nella sua esecuzione quando non vi era alcuna prospettiva alla sua realizzazione come la vediamo oggi, sì, nelle tempeste della rivoluzione ed inflazione che annientarono completamente i mezzi a disposizione. Tenne duro, in quanto supportato dalla fede nel Dio del Chiaro Mondo che gli diede le energie, ma bisogna anche ammettere che l’opera mostra comunque, come la vediamo in questi luoghi, ferite e cicatrici. Il grande polittico non avrebbe dovuto essere visibile a persone impreparate spiritualmente, al semp­lice curioso, non parliamo del dubitante scettico o del doppio pensante; unicamente attraverso una cappella, luogo dove il secondo locale crea la possibilità di una partecipazione all’ opera tramite lavori che parlano del mondo del Caos e lasciano che intuire il Chiaro Mondo, portando alla matu­ra­zione l’ane­lito per il Chiaro Mondo, si crea il prerequisito alla vista del mistero dell’ope­ra principale, il polittico che sarebbe diventato l’adempimento delle sue intenzioni spirituali.

Ma le distruzioni del dopoguerra obbligarono Elisarion ad esporre l’opera ben prima del suo compimento e al di fuori dei luoghi dedicati al mistero e stimolanti la ricerca di una beata bellezza, permettendone la vista anche a degli immaturi ed impreparati: un sacrificio per l’artista che rende il suo animo più intimo. Mi è stato concesso di poter osservare come i visi­ta­to­ri hanno reagito a questo sacrificio e devo testimoniare che ciò avvenne in modo sorprendentemente bello e nobile. Quanto Elisarion aveva in mente, vive ancora nel suo desiderio e nella speranza di molti. Che un tedesco giudichi nel migliore dei modi tedeschi l’opera, e nel contempo anche un italiano ne abbia altrettanto vivace e romanica considerazione, dimostra che l’opera diventerà di dominio dell’umanità, al di là dei con­fini dei popoli, indipendentemente dal luogo dove il mistero del Chiaro Mondo troverà la sua definitiva locazione, che sia permanentemente Locarno o altro luogo adeguato!

Sarebbe veramente il momento che per questa opera, lodata quale unica in 15 lingue, vengano trovati i mezzi per la creazione della Rotonda. Che sono i circa 30 000 Reichsmark necessari allo scopo? Una relativamente piccola somma per un sublime capolavoro … dove, per un fugace capriccio sportivo nell’automobile o nel pugilato, vengono sprecate somme enor­mi. Mecenati, che desiderano portare a compimento quest’o­pe­ra, se ne potranno fare un vanto durevole, ben oltre a quanto raggiunto con milioni investiti in imprese polari o nel ricupero di una qualche vecchia mummia imbalsamata.

Allorquando mi trovo di fronte all’opera, è come se fossi attorniato dagli spiriti dei grandi, di coloro che nel passato hanno prestato il loro apporto alla nobilitazione dell’umanità ed è come sentissi ognuno di loro recitare i miei versi:

 

... questo nuovo osare

è autentico senso della lotta mia.

 

Il nuovo fiore animato dalla luce,

sale luminoso verso Dio,

è proprio quanto mi infiammò,

Corona di fiori nel tappeto del cielo.

 

Il loro splendori sono anche il mio ordine,

il loro profumo, messaggio di quanto respiro:

Ero un anello di quella collana,

che sorse dal buio, verso la luce.

 

Pertanto alle lotte dell’umanità vien dato uno scopo assoluto, per dare un senso alle amare fatiche. Questo è il più profondo senso del lavoro di Elisarion: avanti!

Lo pensava anche il parroco bernese, quando scrisse: «Malgrado il mondo delle pene, la mia odierna visita mi con­vin­ce al motto di Sursum corda!». Ed una insegnate tedesca scrisse con piacere nel libro delle visite: «Giovani tedeschi, sperduti o perduti, li potresti guarire!»

Elisarion, Fiori e farfalle

Die Schönheit, edizione svizzera 1929, articoli sull'Elisarion, articoli su Locarnese.

Traduzione Bruno Ferrini