Le leggi vitali della cultura – Prima parte – L’essere della cultura
In tutte le emigrazioni, è stato eccezionalmente cospicuo l’effetto educativo in ambito culturale dovuto alla modifica ambientale, sia nella preistoria che nella storia, eseguito dall’uomo.
Indipendentemente dalle cause che hanno obbligato l’uomo a lasciare i luoghi d’origine portandoli in nuove locazioni a loro ignote, furono costretti ad adattarvicisi. La nuova patria poteva, nel suo insieme, essere meglio o peggio dell’originaria, ma in ogni caso l’uomo si trovò in nuove condizioni di vita con l’unico ausilio di quanto avevano appreso ed applicato incoscientemente quale sua quotidianità. Ora cerca di applicarle, cercando i materiali su cui agire, ma ne trovò altri di quanto si fosse aspettato. Sapeva porsi degli scopi, ma ora imparò ad adeguare i mezzi ai suoi scopi, ad adattare le sue azioni alla natura e pertanto a dominarla.
In queste emigrazioni, il caso fu il più delle volte l’indicatore alla via; una valle, una catena montuosa diedero la direzione; ma sempre seppe valutare il vantaggio di una scelta casuale rispetto un’altra. Uno dei più preziosi doni della natura fu l’effetto dato dal mare, specie se la costa era sufficientemente strutturata per aiutare l’uomo, sulle piccole distanze, ad essere pilota di sé stesso fintanto che conquistò autostima e coraggio e stimoli a viaggi verso mete sconosciute, supportate in modo importante da correnti marine e venti. Audaci popoli marinari si sono formati in zone insulari – come nel caso dei Caraibi dei mari delle Antille, quelli della Malaisia e Polinesia, dei Fenici, Elleni e Liguri del Mediterraneo, dei Normanni delle isole Scandinave e dei fiordi Norvegesi. In particolare i Fenici, sono un esempio scolare degli influssi culturali della natura; essi non furono che gli avanposti delle tribù Semitiche che nell’Arabia interna si erano sviluppati quale popolo pastorizio predatore sulle fruttuose piane della Mesopotamia e del Giordano diventando stanziali coltivatori della terra e, contemporaneamente sulle sottili coste della Sira, navigatori che, sospinti a ponente da correnti marine, si trasferirono da un insediamento all’altro.
Così, si mostra l’effetto della natura quale clima, come una delle cause della separazione e l’avvistamento dell’uomo. E se, da un alto, ogni cultura è opera dell’uomo, anche l’uomo ne faceva parte e la dominava, ma pure se la modellò a sé stesso; il progresso delle razze è dovuto a lei.
Gli uomini che diedero impatto all’umanità furono esclusivamente quelli dotati le cui forze duramente allevate le allevarono anche nell’intimo; queste forze le poté realizzare che grazie al fatto di essere confrontato con una natura circostante che non era né troppo ricca né troppo povera. Parenti più prossimi sono gli Indiani più poveri dell’interno Brasiliano o gli abitanti della terra del Fuoco ed i Peruviani, quelli della maggiormente ubertosa natura o anche quelli tra i più poveri, questi che, nella alte valli dall’aria fina, crearono una fiorente cultura; ed altrettanto restarono cacciatori le tribù a nord in accordo ai vasti boschi e alle estese praterie, mentre gli altri sulle alture del Messico, divennero un popolo di cultura. Altrettanto i Sumeri divennero fondatori della cultura asiatico-occidentale che al momento in cui abbandonarono le desolate steppe per giungere nelle valli dei fiumi Tigri ed Eufrate, come i cinesi lo divennero allorquando scesero dall’Himalaia seguendo le acque del fiume Yangtse per giungere alle fertili terre gialle; altrettanto che gli Assirobabilonesi, gli Ebrei ed i Fenici, anche gli Arabi si innalzarono alla cultura facendo casa loro le aree più miti lungo il mediterraneo ed al Nilo, in Siria, Sicilia e Spagna.
Se l’uomo è d’azione e creatore, ha ereditato queste proprietà dalla natura che, più attiva e più potente nella sua creatività, lo ha in fondo che scelto, fatto, quale sua testimonianza. E se anche i ruoli fossero distribuiti e la cultura assegnata all’uomo, la natura non si è lasciata sfuggire l’istinto umano alla cultura, ignorandone a parte le pretese esterne, nobilitandone e carpendole dall’interno. Migliore collaboratrice dell’uomo, la natura lo divenne nell’uomo ed esclusivamente dove aveva effettuato un lavoro preparatorio forgiandone il sangue, in quanto gli fu facile, da questo sangue, seguire le direttive dei compiti della natura.
I passaggi, le trasformazioni e le migrazioni che hanno fatto, di un gruppo di uomini, quello che furono in grado di fare, sono estremamente difficili da ricostruire; resta, quale guida della preistoria, che vi furono esclusivamente cause esterne che indussero un rinnovamento intimo, una rivitalizzazione ed un miglioramento dell’uomo. Ogni maggior stadio culturale, che non sia provato sia stato vaccinato, rappresenta una prova di un cambiamento nella natura, ordinariamente una migrazione; e anche per la semplice imitazione, non è da solo sufficiente il contatto di varie cerchie culturali, in quanto indispensabile è pure l’aggiunta di una disponibilità intima che diventa determinante. Più inferiore si pone un popolo, più vicino è agli usi prigemi, o comunque contingenze esterne poco pesano su di loro, come nelle tribù artiche; più elevata è una razza, più «ributtata» dal destino. La nuova cultura che si formò nell’America del Nord sulla scorta di semi europei, dimostra come una nuova natura porti alla formazione di nuove forme di vita, quantunque create dallo spirito umano. I popoli migranti devono regolarmente prendere una tregua su un suolo stabile, altrimenti diventano sterili come nel caso degli altamente dotati Ebrei; devono crescere in stretto contatto con al propria terra, mettere radici per diventarne padroni, anche per assumerne indipendenza e superiorità. Dopo di ché, una nuova migrazione può aver luogo e portare una nuova ripresa.
Non una ma più patrie prigemie sono appannaggio delle razze più sviluppate rispetto a quelle inferiori, hanno vissuto non un’unica giovinezza, ma diverse, non un’unica volta, ma spesso affinato ed unificato il loro sangue. Se una razza si fosse formata da sola, nessuno è in grado di sapere quali livelli avrebbe potuto raggiungere; ma la ricca natura coltivò una panoplia di condizioni di vita nel suo stile, senza scopi precipui, pura azione, rimescolò il tutto e lasciò alle razze oltre che la loro promozione, innalzandosi, ma anche il loro declino per mescolanza, per poi, dal Caos, far sorgere nuovi esseri. Pertanto, capita bene, la storia della cultura, una storia delle razze, la storia delle opere dell’umanità e del suo sangue.
Traduzione Bruno Ferrini