Il Sanctuarium Artis Elisarion a Minusio

L'aria di una nuova era respirata in molti gruppi neoreligiosi mitteleuropei culminò sul principiare del XX secolo in progetti architettonici spesso utopici con i quali si intendeva non solo rappresentare visualmente l'affrancamento dalla chiesa istituzionale, ma anche rendere possibili nuovi rituali collettivi.

Nacquero in tale contesto numerosi progetti di templi, di cui solo quattro furono realizzati e mantenuti intatti sino ad oggi: il Goetheanum di Rudolf Steiner a Dornach, la Kunststätte Bossard nei pressi di Jesteburg, il Sanctuarium Artis Elisarion a Minusio e sul Walenstadtberg il Paxmal, al quale, però, non si conoscono le teorie religiosa nuova.

Dopo un primo tentativo fallito di erigere un «Castello sacro» del Clarismo ad Eisenach, il Santuario d'Arte a Minusio, costruito allo stesso tempo, è diventato a un luogo centrale del Clarismo. Questo fu ampliato nel 1939 con l’edificio rotondo.

La facciata dell'edificio riprende elementi dei progetti di templi dell'epoca, dei battisteri rinascimentali italiani e dei palazzi palermitani, offrendo un preziosissimo spaccato di storia culturale europea.

La visita del Sanctuarium era pensata come un pellegrinaggio la cui meta veniva raggiunta venendo dalla stazione. Una volta penetrati nell'atrio del tempio ci si trovava in una vera e propria struttura celebrativa cultuale, dove regnavano sovrani i contenuti della fede clarista. Attraversando uno stretto «ponte sepolcrale» in linea con gli allestimenti di Parsifal del tempo, si giungeva allo spazio luminoso in cui era esposto «il chiaro mondo dei beati».

 

L'Elisarion dopo la morte di Eduard von Mayer

Nel suo testamento (1960), Eduard von Mayer lasciò il Sanctuarium Artis Elisarion e tutto quanto conteneva al canton Ticino, mentre il terreno andò al comune di Minusio con la condizione che il giardino sarebbe stato reso aperto al pubblico. Solo nel 1968, dopo che il cantone ebbe declinato la donazione, il comune deliberò di accettarla in sua vece.

Nel 1970, fu presentato a Rita Fenacci – dal 1960 vice direttrice dell'Associazione Santuario d'Arte Elisarion con il compito di traghettare lo stabile e tutto l'inventario ai poteri pubblici – un nuovo contratto di donazione con il quale il comune si assumeva la responsabilità dei lavori di restauro necessari. L'edificio sarebbe inoltre rimasto aperto al pubblico e utilizzato per scopi culturali, mantenendo il nome di Elisarion. «Il chiaro mondo dei beati» sarebbe stato accessibile alle visite grazie a un'entrata apposita.

Al pianterreno, sarebbe stato conservato in un armadio il materiale esplicativo dell'opera pittorica e filosofica, mentre i quadri, le urne con le ceneri di Elisàr von Kupffer e di Eduard von Mayer, il giardino e i ricordi di famiglia dovevano rimanere nell'edificio.

Dopo un periodo di esitazioni e quindi di deperimento, alla fine degli anni Settanta furono intrapresi lavori di ristrutturazione che però rovinarono gravemente l'edificio, nonostante le veementi proteste di diversi storici dell'arte. I motivi sono forse da ricondurre all'incomprensione per un'opera eccessivamente peregrina e l'omofobia latente che gravava sulla situazione di un lascito di una coppia di uomini.

Il lascito è oggi sparso in diversi luoghi e comuni. La maggior parte dei dipinti a tutt'oggi esistenti, frammenti della biblioteca e l'opera letteraria si trovano in una sala di quello che fu il santuario. Un'inventariazione completa non è ancora stata intrapresa.

Grazie all'intervento di Harald Szeemann, è stato possibile salvare dalla distruzione il dipinto monumentale circolare «il chiaro mondo dei beati», che è esposto provvisoriamente – ma da ormai due decenni – al Monte Verità.

Nel 1981, dopo i lavori di ristrutturazione menzionati, è stato aperto il Centro Culturale Elisarion, dedicato alle attività culturali del comune di Minusio.

Diversamente da quanto è successo con il Goetheanum e la Kunststätte Bossard, nel caso dell'Elisarion la memoria della destinazione originaria e dei fondatori dell'edificio non è riverita che marginalmente.

 

Memoria storica