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L'Antologia sull'amor cortese e degli amici nella letteratura mondiale

La collezione, pubblicata nel 1900, è la prima Antologia mondiale gay e sopperisce ad una mancanza non solo a livello di letteratura omosessuale, ma della storia della letteratura tout court.

Poemi e altri testi antichi e moderni allora per lo più difficilmente accessibili sono stati tradotti (Eduard von Mayer ha collaborato) con, in alcuni casi, la riproduzione dei testi originali.

Dall'introduzione etico-politica

Viviamo in un'epoca così poco maschile, che ogni intervento a favore dei diritti maschili, per non parlare di supremazia, viene tacciato e rimproverato quale antiquata blasfemia a scapito del primato femminile …

Maschile non vuol dire essere dotati di certi attributi superficiali o non avere alcun senso per la bellezza maschile, essere, in ogni rapporto, più grezzo e più tenace della donna e mettersi a disposizione della femmina per proteggerla dai pericoli e soddisfarla nelle sue esigenze sessuali.

No! La maschilità è lotta con la vita, utilizzando tutte le proprie risorse, agire per uno stato di crescita, superandone i pericoli.

Maschilità è garantire la propria autodeterminazione, la libertà personale ed il bene comune, tenendo conto di tutti e  di tutto …

L'uomo … ha perso la sua maschilità e mantiene solo una preponderanza apparente.
La donna si è conquistata diritti personali, anche nella vita giuridica – mi sta bene, nel limite delle sue proprie forze –.

E' però anche ora che l'uomo incominci a pensare a se stesso, e, per quanto possa apparire strano nell'ambito dell'emancipazione femminile e dell'autodivenire, diventa necessaria una emancipazione dell'uomo per ridare vita ad una cultura maschile; ed è questo per il quale intervengo in questa sede.

 

Scorrendo l'indice degli autori presi in considerazione da von Kupffer, pochi sono i nomi importanti che mancano all'appello in questa antologia: François Villon (1431–1463), Marchese de Sade (1740–1814), Alexander Sergeyevich Pushkin (1799–1837), Arthur Rimbaud (1854–1891) e gli americani Henry David Thoreau (1817–1862), Ralph Waldo Emerson (1803–1882), Walt Whitman (1819–1892) …

Re Davide, il lamento di Jonathan

Allora Davide intonò questo lamento su Saul e su Gionathan, suo figlio, e ordinò di insegnarlo ai figli di Giuda: il canto dell’arco. Ecco, si trova scritto nel libro del Giusto.

«Lo splendore d’Israele giace ucciso sulle tue alture! Come mai sono caduti i prodi? Non annunziatelo a Gath, non fatelo sapere per le vie di Ashkalon, perché non gioiscano le figlie dei Filistei, perché non esultino le figlie degli incirconcisi. O monti di Ghilboa, non vi sia più né rugiada né pioggia su di voi, né campi di offerte; perché là fu gettato via lo scudo dei prodi, lo scudo di Saul, non più unto con olio. Dal sangue degli uccisi, dal grasso dei prodi, l’arco di Gionathan non si ritrasse mai e la spada di Saul non tornò mai a vuoto. Saul e Gionathan, tanto amati e cordiali in vita, non furono divisi nella loro morte. Erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni.

Come mai sono caduti i prodi in mezzo alla battaglia, e fu Gionathan ucciso sulle tue alture? Io sono in angoscia per te, fratello mio Gionathan; tu mi eri molto caro, il tuo amore per me era meraviglioso più dell’amore delle donne. Come mai sono caduti i prodi, e sono perite le armi di guerra?»

 

 

Elegia di Davide per la morte di Saul e di Gionathan, dalla Bibbia 2. libro di Samuele 1.19 –1.23 e 1.25–1.27, versione nuova Diodati. Elisàr von Kupffer ne ha ripreso la versione di Martin Luthero.

Elisàr von Kupffer fa precedere il testo dalla seguente introduzione:

Fu dapprima il preferito di Saulle primo re di Israele ma cospirò, accanto a Samuele ed i sacerdoti, contro l'indipendente reale e dovette pertanto rifugiarsi presso i filistei e combattere Saulle; dopo la sua morte nel 1033 a.C. salì al trono reggendolo fino al 933 a.C. portando il regno di Israele al al suo massimo splendore. Il partito dei sacerdoti che lo elevarono al potere lo presentò (a spese di Saulle) quale dominatore esemplare e pio. Nota la sua sincera relazione con il principe Jonathan, figlio di Saulle.

Lo stesso passo della Bibbia nella versione di Conferenza Episcopale Italiana – Chiesa Cattolica e della Nuova Riveduta.

A Giovenzio

Se i tuoi occhi di miele, Giovenzio,

mi fosse lecito baciare,

migliaia di volte io li bacerei

e non potrei esserne mai sazio,

anche se più fitta di spighe mature

fosse la messe dei miei baci.

 

Possibile che fra tanti non vi fosse, Giovenzio,

un uomo garbato che tu desiderassi amare,

se non questo tuo ospite giunto da quel sepolcro

di Pesaro, più pallido di una statua dorata?

Ora lo tieni in cuore e ormai più di me stesso tu,

tu lo desideri: non sai che delitto commetti.

 

 

Gaius Valerius Catullus, traduzione Bruno Ferrini

Sopra il forno

Tennero il Forno già le donne sole,

Oggi mi par, che certi garzonacci

L'abbian mandato poco men ch’ al Sole.

Spazzinlo a posta lor, nessun non vacci:

Dican pur ch’ egli e’ umido e mal netto,

E somme ben cagion questi Fratacci;

lo per me rade volte altrove il metto,

Con tutto che ’l mio pan sia piccolino,

E ’I Forno delle donne un po’ grandetto.

Benchè chi fa questo mestier divino,

Sa ben trovar, dov’ elle hanno nascosto

Cola dirieto un certo fornellino,

Ch’ è troppo buon da far le cose arrosto,

Cuocere, come a dir, pasticci e torte,

Non si può dir, quanto fa bene e tosto.

E puossi almanco infornar piano e forte

Pur: ch’ e’ non è si vetriolo e mezzo,

Come questi altri;  ch’ è proprio una morte.

Come tu ’l tocchi, se ne leva il pezzo:

Ad ogni poco il fornajo dice, ohi,

Voi non potete mai infornare a mezzo.

Ma pure a questo pensateci voi:

Perch’ egli è chi si mangia anche il pan crudo:

Ognun faccia a suo modo i fatti suoi.

Ch’ inforna, doverrebbe stare ignudo;

Benché vestito anche infornar si possa,

E per una infornata anch’ io non sudo.

La pala poi vuol esser corta e grossa,

Dice la gente ignorante; ma io

Non trovo che ragion se l’abbi mossa;

E bench’ io dica or contra ’l fatto mio,

Perchè, Soranzio, a non vi dir bugia,

La pala mia non è gran lavorio:

Io credo, che bisogni, ch’ ella sia

Grande e profonda e grossa e larga e lunga,

E s’ altro nome ha la Geometria.

Perch’ io veggio il fornajo che si prolunga,

Per accostarla del Forno alle mura,

E Dio voglia ancor poi, ch’ ella v’aggiunga.

Ma sopra tutto ella vuol esser dura,

E chi l’adopra gagliardo di schiena,

Che la sappi tener ritta e sicura.

Or io v’ho dato la dottrina piena:

Restami a dir, come s’inforna il pane,

Come si fa a levar, come si mena.

 

 

Giovanni della Casa, Arcivescovo di Benevento, 1503–1556. La poesia ed dedicato a Soranzio. Tra i testi originali pubblicati.

Se nel volto per gli occhi il cor si vede

Se nel volto per gli occhi il cor si vede,

altro segno non ho più manifesto

della mie fiamma; addunche basti or questo,

signor mie caro, a domandar mercede.

Forse lo spirto tuo, con maggior fede

ch’i’ non credo, che sguarda il foco onesto

che m’arde, fie di me pietoso e presto,

come grazia c’abbonda a chi ben chiede.

O felice quel dì, se questo è certo!

Fermisi in un momento il tempo e l’ore,

il giorno e ’l sol nella su’ antica traccia;

acciò ch’i’ abbi, e non già per mie merto,

il desïato mie dolce signore

per sempre nell’indegne e pronte braccia.

 

 

Rime di Michelangelo Buonarroti

Veggio nel tuo bel viso, signor mio

Veggio nel tuo bel viso, signor mio,

quel che narrar mal puossi in questa vita:

l’anima, della carne ancor vestita,

con esso è già più volte ascesa a Dio.

E se ’l vulgo malvagio, isciocco e rio

di quel che sente, altrui segna e addita,

non è l’intensa voglia men gradita,

l’amor, la fede e l’onesto desio.

A quel pietoso fonte, onde siàn tutti,

s’assembra ogni beltà che qua si vede

più c’altra cosa alle persone accorte;

né altro saggio abbiàn né altri frutti

del cielo in terra; e chi v’ama con fede

trascende a Dio e fa dolce la morte.

 

 

Rime di Michelangelo Buonarroti

Veggio co' be' vostr'occhi un dolce lume

Veggio co’ be’ vostr’occhi un dolce lume

che co’ mie ciechi già veder non posso;

porto co’ vostri piedi un pondo addosso,

che de’ mie zoppi non è già costume.

Volo con le vostr’ale senza piume;

col vostro ingegno al ciel sempre son mosso;

dal vostro arbitrio son pallido e rosso,

freddo al sol, caldo alle più fredde brume.

Nel voler vostro è sol la voglia mia,

i miei pensier nel vostro cor si fanno,

nel vostro fiato son le mie parole.

Come luna da sé sol par ch’io sia,

ché gli occhi nostri in ciel veder non sanno

se non quel tanto che n’accende il sole.

 

 

Rime di Michelangelo Buonarroti

L’amicizia

Non fu quell’onnipotente forza

che ci sospinse

all'eterno esultante legame dell’amore?

Raffaele, al tuo braccio – beatitudine!

Osai anch'io l’immane sole dello spirito

gioiosamente il cammino alla perfezione.

 

Felice! felicemente! Ti ho trovato

Inghirlandato tra milioni,

e da milioni sei mio –

lascia il caos scuoter questo mondo

rimescolar tra loro gli atomi;

eternamente fuggono ad unirsi i nostri cuori;

 

Dai tuoi focosi occhi, non devo

Il ricambiato piacer centellinare?

Solo in te mi stupisco

Migliore si tinge la bella terra

Più chiaro si specchia nel corpo amico

ancor più bello il cielo.

 

 

Friedrich von Schiller, traduzione Bruno Ferrini. La poesia fa parte di un immaginario scambio di lettere tra due giovini. I personaggi immaginati da Schiller sono di personalità contrapposte;  si chiamano Julius e Rafaello. «L’amicizia», frutto di Julius, è diretta a Raffaello. Con queste missive che si occupano di verità, morale e rivoluzione del pensiero, Schiller aveva l'intenzione, mai realizzata, di scrivere un romanzo.

La stampa della poesia nella rivista di Adolf Brand «Der Eigene» creò un putiferio in quanto venne interpretata, nel quadro della rivista, quale inno omoerotico.

Mille e tre

I miei amanti non appartengono alle classi rieche:

Son operai di sobborghi o campagna

I lor quindici o vent’anni alla buona malmessi

Brutali di forza e di modi grossolani.

 

Li gusto in abito da lavoro, giacca e giubba;

Non sanno d’ambra e olezzano di salute

Pura e semplice; l’andatura un po’ pesante va, lesta

Tuttavia, perché giovane, e grave nell’elasticità;

 

Gli occhi franchi e furbi crepitano di malizia

Cordiale e parole ingenuamente astute

Partono, – non senza un’allegra bestemmia che a sapore –

Dalle loro bocche fresche dai solidi baci;

 

II loro cazzo vigoroso e le chiappe allegrotte

Rallegrano la notte e il mio uccello e il mio culo;

Sotto la lampada e all’alba le lor carni allegrotte

Risuscitano il mio stanco desiderio, mai vinto.

 

Cosce, anime, tutto il mio essere alla rinfusa,

Memoria, piedi, cuore, schiena e orecchio e naso,

E le frattaglie, tutto sgola un ritornello

E un gran casino scalpita nelle lor forsennate braccia.

 

Un casino, un ritornello, pazzo e pazza,

E più divini che infernali, più infernali

Che divini, da perdermici, e vi nuoto e vi volo,

Nei lor sudori e respiri, in quei balli.

 

I miei due Carli; uno, giovane tigre dagli occhi di gatta,

Specie di chierichetto che cresce da soldataccio;

L’altro, fiero marcantonio, bei sfrontato che stupisce

Solo la mia discesa vertiginosa verso il suo dardo.

 

Odilon, un ragazzino, ma struttura già d’uomo,

I suoi piedi amano i miei innamorati alluci

Ancor meglio, ma non piü che del resto insomma

Adorabile tutto, ma i piedi incomparabili!

 

Carezzanti, raso fresco, delicate falangi

Sotto le piante, attorno alle caviglie,

E sulla curvatura venosa, quei baci strani

Cosi dolci, di quattro piedi dall’anima, sicuro!

 

Antonio, dal dardo ancor proverbiale,

Lui, mio re trionfante e mio supremo Dio,

Rode tutto il mio cuore con la pupilla azzurra,

E il mio culo col suo spiedo spaventoso.

 

Paolo, un atleta biondo dai superbi pettorali,

Petto bianco, dai duri capezzoli succhiati

Come la punta buona; Francesco agile come un fascio,

Le sue gambe di ballerino e il superbo batacchio!

 

Augusto che diviene di giorno in giorno più maschio

(Era proprio grazioso quando quello ci è capitato!)

Giulio, un po’ puttana con la sua bellezza pallida;

Ed Enrico mi va che, con coscritti ahimè, se ne va;

 

E voi tutti in fila o in bande confusi

O soli, visione cosi netta dei giorni passati,

Passioni del presente, futuro che cresce si drizza

Cari innumerevoli ma mai abbastanza!

 

 

Paul Verlaine, traduzione italiana da «Le più belle pagine della letteratura sui Gay» (ISBN 88-7641-230-1)

Annotazione di Elisàr von Kuppfer: La poesia (nella versione tedesca) appare che in parte; non ha (finora) trovato nessuna pubblicazione né l'originale che la traduzione: il manoscritto è stato messo a disposizione da un amico di Verlaine a Parigi.

Le nove strofe dedicate agli amanti dopo la terza, sono assenti nell'antologia. Se ciò sia avvenuto a seguito di un atto di censura ufficiale o per decisione di Elisàr von Kupffer, non è dato sapere in termini storici.

Liberi nel bosco

Bacche di sorbo luminose,

quali rossi coralli ridenti,

E le tue labbra spizzico,

Bacio contro proibizioni e pene.

 

Fronde d'ontani ci fan da tetto,

Un ruscello saltella balbettante,

Mormorando scanzonato d'amore –

E ti bacio: un, due, tre!

 

Tu mio grande, giovine inesplorato

Sei il mio sole splendente e gloria

Magnifica stella delle mie notti,

Destino di anima errante.

 

 

Adolf Brand

Propri le poemi e racconti di Elisàr von Kupffer ed Eduard von Mayer pubblicati nell'Antologia Amor cortese.

Canzoni all’amante ed amore del’amico en la letteratura mondiale.
Quale dimostrazione per l'universalità e la naturalezza dell'amore tra uomini, Elisàr von Kupffer ha raccolto testi di tutti i tempi e origini.

Indice degli autori

al-Hariri

Anacreonte

Archiloco

Bacchilide

Brand, Adolf

Bulthaupt, Heinrich

Byron, George Noel Gordon, Lord

Callimacho

Catullo, Gaio Valerio

Davide, Re (biblico)

Della Casa, Giovanni

Eliano, Claudio

Federico il Grande d Prussia

Flacco, Quinto Orazio

Flaubert, Gustave

Goethe, Johann Wolfgang von

Grillparzer, Franz

Hafez (Mohammed Hafez-e Shriazi)

Hausrath, Adolf (George Taylor)

Herder, Johann Gottfried von

Hölderlin, Friederich

Ibn at Tubi

Ibn Khaldun

Ibico

Kitir, Joseph

Konstantinos

Kupffer, Elisàr von

Lermontow, Michail Jur’evič

Levetzow, Freiherr Karl von

Linke, Oskar

Loti, Pierre (Julien Viaud)

Luciano di Samosata

Ludovico II di Baviera

Marlowe, Christopher

Marziale, Marco Valerio

Mayer, Eduard von

Meleagro di Gadara

Michelangelo Buonarroti

Mille e una notte (raccolta di fiabe)

Mimnermo

Montaigne, Michael Eyquem de

Moslicheddin Sadi

Muhammad al-Mu’tamid

Ovidio (Publio Ovidio Nasone)

Parthenios

Pindaro

Platen-Hallermünde, August Graf von

Platone

Plutarco

Rückert, Friedrich

Schiller, Friedrich von

Shakespeare, William

Simonide

Stadion-Thannhausen, Emerich Graf von

Swinburne, Charles Algernone

Tazio, Achille

Teognide

Teocrito

Tibullo, Albio

Vega, Garcilaso de la

Verlaine, Paul

Virgilio (Publio Virgilio Marone)

Wilbrandt, Adolf von

Winckelmann, Johann Joachim

Senofonte Efesio

Zorrilla, José

Annotazione: Nell'appendice sono presenti altri brevi testi di autori con fatti di rilevanza storica in riferimento all'amor cortese, con testi originali tradotti.