Tecnica e cultura – Parte I. – La benedizione della tecnica
La benedizione della tecnica
1. Il traffico
La più brillante delle azioni di cultura, la più meravigliosa prestazione della tecnica, la possiamo riscontrare nell’impatto che il traffico ha sulla nostra vita. In natura, il movimento è dato dalle gambe, e su questo l’uomo, per avanzare,vi ci si doveva fare affidamento; sopra le acque doveva nuotare – ma le nostre forze hanno dei limiti! Ed ora, i nostri battelli a vapore, le ferrovie, l’automobile, le biciclette! – la tecnica ha veramente dato il suo apporto alla natura, qui l’uomo, riorganizzando la natura, ha richiamato una nuova natura, un nuovo ordine naturale. In questa riuscita, nei suoi strumenti creati all’uopo, la tecnica ha mostrato la sua significanza per il suo lato culturale: proveniendo da profonde sorgenti, la tecnica ha anche prodotto altrettanto. Se prendiamo il successo esteriore quale misura che indica quanto le condizioni intime ne abbiano stimolato, se non obbligato, lo sviluppo.
Si potrebbe pensare che all’origine del traffico vi sia stato un istinto alla transumanza. Veramente, all’uomo la transumanza non importa che nella sua ricerca di cibo. Dove manca, guarda più lontano, quando incomincia a scarseggiare, tutta una tribù si mette in moto alla ricerca di nuovi alberghi, nuovi soggiorni, persino i nomadi sono instabili nel loro domicilio in quanto non di per sé quali nomadi, ma alla ricerca dell’erba verde per le mandrie, loro fonte di cibo. Fintanto che l’uomo riesce a soddisfare i propri bisogni, fintanto che la fame, noia e dolori non lo attanagliano, tende a star tranquilllo dove si trova, piuttosto che lanciarsi in avventure dall’esito incerto. Naturalmente,una forma di mantenimento della vita tramite una qualche abitudine di nomadismo provoca, con le generazioni, ad una inabilità a rendersi stanziali quale quella osservabile presso gli zingari – singole persone posso essere curiose e diventare «escursionisti» dei quali si dice «Luogo felice, dove non sei».
In ampi tratti e storicamente, è la preoccupazione della vita che ha fatto abbandonare all’uomo la stanzialità. Ma l’ecursionismo non é ancora traffico, solamente quando questo assume un doppio carattere bidirezionale, un andirivieni, uno scambio tra persone o luoghi con l’uomo stesso quale mezzo di comunicazione, se egli stesso trasporta lo scambio di merci. Scopo e contenuto del traffico è esclusivamente il movimento che media tra due luoghi, dove si trova in quel momento un oggetto, ed un altro luogo dove trova un utilizzo. In pratica, si tratta di merce: ogni traffico consiste di merci, nel moderno concetto di traffico, qualsiasi viaggatore è considerato un carico. Ci trova espressione nella tecnica del traffico, nei suoi strumenti, nelle sue istituzioni con le quali, da sempre, l’uomo ha saputo affrontrare il, traffico: da solo, poteva, caso mai, andare in pellegrinaggio. […]
Il traffico, così utilizzato nella vita, il suo contenuto sistematico, è il commercio, sempre intermedio, l’intelligente mediazione dell’incrementato scambio di merci, condizionato in ogni modo dalla tecnica e pertanto a sua volta che una forma della gestione tecnica-organizzativa della vita dall’uomo: organizzazione e tecnica della merce. Chiaramente, tutte le vie di comunicazione, i mezzi, ferrovie e navi hanno permesso al curioso di uscire nel mondo- ma nulla di nuovo, dai tempi dei pellegrinaggi: persino gli odierni viaggiatori in massa non scatenerebbero i mezzi di trasporto se l’attrattività non avesse un ritorno finanziario – vedi le ferrovie montane estive.
Escluivamente le merci fanno redditizia una via, una ferrovia, un canale od un galleria – per intrinseca necessità. Che poi ogni traffico di merci sia anche un traffico di uomini, va da sé, ma l’uomo è sempre che un elemento pragmatico anche tra i più importanti; il viaggiatore di commercio era il più antico dei viaggiatori, contemporaneamente pirata e guerriero. Ma il traffico umano portò altrettanto naturalmente allo scambio di conoscenze ed abitudini, allo scambio di notizie nella magnifica forma delle Poste e Telegrafi che tutto devono alla tecnica.
Altrettanto utile al traffico commerciale che all’amminstrazione dello Stato, è una regolamentazione tecnico-organizzativa della vita di una popolazione fatta nell’interesse di una comunicazione efficentemente regolata anche nell’interesse della clientela: il sistema postale ai tempo dei Romani, le stafette Incas, la moderna statizzazione delle Poste e Telegrafia ne sono una dimostrazione. Accanto, lo spirito umano ha aumentato le proprie conoscenze, l’angusto campo del quotidiano si ampliò, la piccola patria diventò il mondo.
2. L’Industria
Tutto il traffico, nato complessivamente dalla tecnica del carico, appartiene alle merci, il giro d’affari dei prodotti del lavoro. Oggi gli alimentari giocano un ruolo estremamente grande, si fosse trattato in alimenti veri e propri, a fronte di una minacciosa crescita di popolazione, il traffico non avrebbe superato che transazioni a livello di paesi vicini, mai oltre lo scambio, la ruota foss’anche stata inventata, una limitata capacità di gestione dei carichi e sarebbe rimasta agli esordi. Si ebbe un cambiamento solamente al momento in cui ebbero prevalenza le cose non utilizzabili come alimenti, le materie prime della natura, i tesori della terra. Le necessità animali della fame sarebbero state prima o poi saziate – nel peggiore dei casi con una dimiuzione della popolazione. Il bisogno di rimodellare la natura con dispositivi, costruzioni e strumenti rcichiedeva ulteriore materiale. Lo si trovava nei dintorni, va bene, lo si portava, trascinato, trasportato; mancava, il bisogno porpugnò la conquista di regioni dove tali materiali erano disponibili. C’erano resistenze presso i fortunati possessori delle risorse, venivano blandite con lo scambio delle proprie eccedenze, dunque si prospettava di creare una strategia basata sull’eccesso e scambio.
Decisivo: in quanto si svilupparono misura, peso e denaro, inutilmente se la scambio avveniva in modo intuitivo e secondo i gusti del momento, indispensabili se il possibile vantaggio e la fruizione diventavano dipendenti dalla loro elaborazione – il proprio ed altrui vantaggio dovevano essere presi in considerazione e misurati con trattative fino a quando, specificamente si giunse al convincimento che non valesse la pena di venderle allo stato naturale e grezzo, profiquo immetterci lavoro e trattare dispositivi, ma dall’altro lato si era convinti che valesse la pena di rifornirsi di materie prime oltre le proprie necessità, per poi rivenderle elaborate. Non si sarebbe perso lavoro dapprima dedicato all’agricoltura, in quanto i generi primari potevao essere acquisiti con il lavoro commerciale: il traffico ed i suoi mezzi hanno consentito di sciogliere l’abilità manuale dalle tradizioni locali dandogli una mobilità, un mestiere e finalmente il carattere di industria.
Tanto più il traffico imcrementava le connessioni tra i gruppi comunitari, questi si allargarono e valorizzarono i lavoratori e gli oggetti di consumo permettendone migliorie a tutti livelli, nell’abilità dei lavoratori, negli strumenti. I lavoratori di una identica branca si trovarono ad unirsi, organizzarsi.
3. La tecnica delle armi
Il mostruoso sviluppo della tecnica potrebbe essere, per il singolo individuo, indifferente se non gli avesse permesso di avere una vita più comoda. Sì, se non ci fosse stata l’esigenza di alleggerirsi la vita, la tecnica avrebbe raggiunto poco. I suoi inizi risalgono alla prima attività dell’uomo, la lotta.
Benchè una immagine deformata del pensiero cosmico, la lotta ha portato l’uomo ad una interiorizzazione di tutte le sue forze, la cui fusione dovette esteriorizzarsi e creare anche relazioni esterne: anche se ciò non avvenne in grande, almeno nel piccolo, se non negli obiettivi, almeno nei mezzi, negli strumenti, le armi. Le armi furono le prime esperienze della tecnica, in senso lato o più ristretto, la lotta è il padre di ogni tecnica da cui altri, più pacifici campi della vita, appresero. Una volta, il sasso, il tronco di un albero, erano le armi della scimmia, poco valutato germe della cultura, anche fintanto l’uomo usava il sasso che per rozzamente aprire conchiglie e noci o per respingere il nemico, quale mezzo per colpire il nemico, fosse stato che una scimmia, perché la natura avrebbe fatto una tale discontinuità? Tuttavia, lo spirito costruttivo dell’uomo che riusciva a riassumere la realtà del mondo, doveva presto entrare in azione e non potè fare meglio che riunendo tutti i mezzi che avevano a disposizione le specie a lui inferiori. Collegando il sasso al tronco, osso o corno, il suo colpire divenne più mirato ed utile, l’ascia divenne ancor più efficace con l’aggiunta di scaglie taglienti, il giavellotto si trasformò in piccola freccia in modo tale da non perdere l’impatto anche su maggiori distanze. Se all’inizio si resero utili che forza e massa, con il tempo anche le piccole cose della natura furono utilizzate: caratteristiche quali l’acuminatezza, la finezza, la flessibilità. La natura dell’uomo gli pose il compito di domare, tramite le forze interne, le forze esterne della natura, quelle rozze con altre più raffinate, dando un valore alle cose che lo circondavano, mettendole al suo servizio, ordinandole ad un piccolo esercito al suo comando. Organizzazione della natura e delle sue forze, questa l’essenza della tecnica, il segreto della vittoria umana.
Dall’unione di un bastone con la pietra a clava come arma, nacque il primo strumento, il coltello, cui seguirono la macina, le pietre ollari, i minerali, le miniere, la chimica, i mezzi più moderni dell’artiglieria – la lotta, con la tecnica, assunse infinita superiorità. Sulle sue tracce vennero arricchiti e fecondati tutti i rami della vita – arte, scienza , commercio. La potenza che le venne assegnata, ne modificò anche il suo carattere, ma non nei suoi tratti fondamentali, nell’utilizzo. Ascia, coltello, spada, lancia sono sorpassati, anche la lotta da vicino, ma dove questa vien riesumata, negli accoltellamenti, nei duelli e nelle battaglie a baionetta, quando uomo e uomo lottano per la sopravvivenza, queste armi tornano in auge. Tirasassi e catapulte, frecce ed archi, balestre, cerbottane, fucili e cannoni creano uno spazio tra i contendenti: lotta a distanza. Diminuzione del pericolo per l’attaccante che poteva, da sicuri nascondigli, osare di creare danni al nemico aumentando il pericolo per l’aggredito, ne distrusse il coraggio esclusivamente in opera quando c’è di mezzo la vita. L’uomo cercherà allora come alleati i compagni d’arme, difensori ed attaccanti, e le battaglie a distanza si trasformarono in guerre tra masse , di eserciti che si risolvevano comunque nei confronti diretti, come natura voleva. […]
Dai cambiamenti nelle lotte e le relative tattiche, seguirono cambiamenti strategici; la tecnica della battaglia dovette adattarsi ai progressi degli effetti delle armi ed imparare a sfruttare altrimenti le forze in campo e si formarono cavalleria, fanteria, artiglieria che presero il posto delle vecchie truppe di carattere nazionale quali gli arceri «cretesi», i «cosacchi», gli «ussari», gli «alpini», le guardie «scozzesi». Ma strategia, l’arte della guerra, si mostrano che all’inizio della battaglia, nella sua preparazione e l’abile occupazione di importanti posizioni e la strutturazione delle forze in campo, nel lavoro degli esploratori, nella decisiva manovra di sfondamento, raggiramento o ritiro delle truppe. Più le operazioni diventano violente e più la tecnica strategica assume importanza.
Le posizioni, ponti, batterie, forti vengono combattute tra singoli corpi delle truppe, ma la tattica si sbriciola sul campo, le tradizionali forme di guerra tornano ad agire. La struttura delle grandi battaglie di massa organizzate e le storiche battaglie quali quelle di Leipzig, Waterloo, Sedan e Port Arthur sono alla fin fine che la ripetizione, gigantesca, delle battaglie omeriche dell’Illiade, con armi corpo a corpo, uomo contro uomo, una lotta tra eroi, grande e brutale, per la conquista di una casa, un albero, una bandiera.
La tattica della formazione di truppe, la strategia dei grandi eserciti portò alle grandi guerre, alle conquiste ed ai grandi imperi e nel contempo, le armi delle lotte singole servirono nei piccoli conflitti locali tra vicini di frontiera. In effetti, la tecnica delle armi ha cambiato l’aspetto del mondo.
4. L’agricoltura
Guerre, battaglie, lotte – tutto per conquistare la precedenza su paese e popolo, una discussa regione, un campo, un albero da frutta od uno stagno a propio uso e onsumo. La lotta, nata dalle esigenze della fame, non è che un altro modo di usare la tecnica; la questione della «pancia» il capitolo principale della storia mondiale. Detta più in dettaglio: la fame, che ha portato alla conquista ed al nutrimento della terra, non è che la grezza espressione di un pensiero cosmico, che minaccia nella sua sopravivenza l’essere vivente umano, lo lascia esprimersi e fa sì che le causalità della realtà, di un ordinamento allargato, diventino storia del mondo. La grezza espressione della cosmica, sì! E per questo, la fame non è, immediatamente, un grande promotore della tecnica, piuttosto a lungo termine. Pertanto, nella domanda primaria della nutrizione, la produzione dell’alimento, la tecnica ha avuto uno scarso ruolo. Fintanto che la produzione artificiale di proteine è a divenire, tocca alla natura stessa, con l’annuale crescita di piante, frutti e animali, farsi carico del mantenimento dell’uomo. L’uomo non ha altro da fare che di facilitare alla natura il massimo moltiplicarsi di quelle piante e animali che gli possono servire quale nuntrimento; non può pertanto farla da padrone contro la natura, deve prenderla come alleata, mano nella mano. Dove la natura, come nei tropici, è ultradimensionata e ricca, la collaborazione dell’uomo diventa quasi superflua –, anche un’indicazione cosmica! – i suoi sforzi inutili, e non ha la possibilità di sfoggiare le proprie possibilità, resta in un felice stadio infantile. Ma questa felicità esaurirebbe l’obiettivo del massimo sviluppo, qualora la natura mostrasse ovunque la sua esuberanza, sfrenata, privilegiando ogni seppur timida esistenza. Non si tratta piuttosto della lotta di deboli germi contro forze sovradimensionate? L’uomo, in regioni meno fortunate, non doveva cercare di sostituirsi alle manchevolezze della natura? Ma anche in questo caso, si ripete, in altra scala, la fertilità dei tropici: ne sia fatto l’esempio della terra nera della russia meridionale.
Il terreno è talmente generoso che l’attività dell’uomo trovò presto il ritmo delle stagioni. Per questo motivo, ovunque l’uomo si occupi di attività agricole, è rimasto un figlio della natura. La cultura ha meno radici, si rende meno nota, altrove dimenticate forme di vita sono ancora naturalmente presenti in un contesto decisamente conservatore. La tecnica poco ha potuto fare per cambiare questa situazione […] Certamente, la grande fattoria non può cavarsela con il tiro dei cavalli, o della debole mano umana, ma deve trovare l’aiuto di macchine a vapore o elettriche e per un buon motivo: le attuali grandi tenute agricole non vengono esclusivamente aiutate dalla tecnica, ma è la tecnica stessa ad imporre questa evoluzione nell’ ambito della mano d’opera, sfruttata al massimo. Come però il terreno venga utilizzato oggidì, non è molto diverso da una volta […]
La tecnica si è mostrata più utile nell’irrigazione, le ruote idrauliche,e nella sostituzione dei concimi animali, di vecchissima data, con quelli artificiali, dai nitrati del Cile, alle scorie da Thomas, ai superfosfati, per rinvigorire i terreni esauriti con sodio, fosforo e azoto. […]
Benedizioni della tecnica per l’agricoltura, le nuove specie vegetali quali la patata o il vitigno americano resistente alla filossera, o la chimica che ha permesso di scoprire la bietola da zucchero ed il suo uso, accanto alla patata, nelle distillerie che hanno riportato vita in zone altrimenti depresse. Per non parlare dell’uso della torba e di altre risorse. La protezione dei raccolti da animali e altri pericoli ha trovato un alleato nei veleni ad hoc. […] Impossibile, l’industria delle conserve, senza l’apporto della tecnica nei trasporti, nel commercio e della chimica. […]
L’alimentazione animale poco deve alla tecnica, come quella vegetale, finché se ne considera la produzione. L’allevamento bovino è praticamente indipendente da utensili, se non fosse per la scelta di razze adeguate e l’uso delle possibilità date dai trasporti per introdurle in zone ottimali alla loro riproduzione (vedasi l’Argentina per le mandrie di bovini, le pecore ed i suini in Australia); nella migliore delle ipotesi, la medicina veterinaria è in grado di combattere epidemie, permettere l’allevamento di volatili in incubatrici, la pescicultura, la apicultura con favi artificiali per togliere alle api il loro lavoro inproduttivo, incrementandone la produzione di miele […]
La conservazione sott’olio e sale di carne e pesce fu un altro utile campo d’azione per la tecnica: non fu che grazie alle conserve ed ai suoi estratti che fu possibile distribuirle dove venivano necessitate. E la tecnica ha messo in piedi una organizzazione di fondamentale importanza sia alle economie locali che a quella globale: da un lato, rende indipendente la nutrizione di una popolazione dal proprio territorio, dal clima e terreno, dall’altro, regola importazione e consumi di un paese, coprendo le esigenze di produzione ed esportazione di altri, come se fossero un tutt’uno.
Ma oltre, nel suo piccolo, la tecnica si è fatta avanti nella preparazione dei cibi, per renderli più digeribili e combinarli tra di loro: l’arte culinaria quale branca della tecnica, dell’umano spirito organizzativo … E’ pertanto anche vero, che la tecnica ha da tempo esaurito le sue possibilità: il commercio moderno potrà disporre di pentolame di qualità a buon mercato per ampi strati della popolazione e pertanto sostenere l’igiene e la pulizia, ma in termini strettamente culinari, tecnica di cucina, su di una moderna stufa a gas non è che si possano preparare manicaretti meglio di un Trimalchio o Brillat-Savarin. Ciò dimostra che l’umanità ha raggiunto uno stadio assoluto nell’ organizzazione e nella tecnica della preparazione degli alimenti, in pratica dell’alimentazione; qui c’è ben più poco da sviluppare oltre – al contrario, un ritorno a cibo più semplice.
5. Il benessere sociale
Indiscutibilmente, anche per il singolo, così vive oggi, la tecnica è diventata d’ausilio anche nella nutrizione. Ma ancor più grande impatto immediato lo ha avuto nelle attrezzature, vestiti e costruzioni. A fronte della protezione dal freddo e le pellicce, i tessili pieghevoli di lana e fibre vegetali (lino, canapa, juta, cotone, legno) oltre che di seta, rappresentano un grande commercio per le innumerevoli mani coinvolte. La tecnica trovò il modo di inserire nei tessili i coloranti dei minerali, animali e vegetali, si inventò coloranti artificiali e aprì fabbriche e tintorie, nobilitò la necessità fisiologica del vestito, adornandolo piacevolmente alla vista. La disponibilità di colori e materiali ne permise anche un alternarsi con le stagioni, occasioni e gusti – e questo creò lavoro per filature, tessiture, sarti e commercianti. Complessivamente, nel vestito, la tecnica ha creato un ricco mezzo per dare all’uomo la possibilità di esprimersi nell’arte di vivere – se lo volesse. Accanto a ciò, l’arte del gioiello grazie alle tecnica orografa, autenticamente da metalli preziosi o meno. Mezzi per l’igiene personale – specchi, pettini, rasoi, i tesori della cosmetica – pronti ad abbellire in locali abitati in cui vi sono sedie, tavoli, armadi, letti, mobili per ogni uso e consumo, appesi specchi, tapezzerie, tende, vetri e porcellane -cucchiai, coltelli, forchette, tutto per tutti, dal più povero al ricco, per farsi un ambiente armonico, semprecché ne abbia un senso.
Ma prima di tutto, è la casa che è cresciuta grazie alla tecnica: non più un nido intrecciato nei rami di un albero, un rifugio in caverne, da tempo, non più una tenda o un capanno e nemmeno una palafitta, ma assi e travi, segati a dovere, blocchi e colonne ottenuti da sassi e roccie con scalpelli o dalle loro polveri, tegole e piastrelle cotte da argille, supporti, mensole, lamiere da ferro, fuse e lavorate. Macchine sbancano il terreno, macchine trasportano i blocchi, macchine palificano, creano le fondamenta, i muri, i piani, le caserme d’affittare, i pazzeschi grattacieli americani, sorgono non più a rifugio di un isolato cacciatore o di una famiglia, ma bensì in luoghi per lo più limitati, di centinaia se non di migliaia di persone, tutte assieme. O le case prefabbricate da spedire, smontate, dove si rendono necessarie. Case intere vengono spostate, se il loro posto diventa altrimenti utile. Propriamente nelle costruzioni pubbliche e private, dove la tecnica assume un ruolo così importante nel plasmare la cultura: lascia che la popolazione entri in stretto contatto tra di loro, fondendoli al punto di renderne dipendenti. Avvicinati al punto di dover essere forzatamente in contatto per assolvere alle identiche necessità ora comuni, per le quali ci pensa la tecnica. Prima l’acqua la si andava a prendre alla sorgente, poi i comuni pensarono alle fontane, poi agli acquedotti che raggiunsero tutte abitazioni. Dapprima le acque luride delle singole economie domestiche vennero ragruppate, poi canalizzate e finalmente utilizzate e rese innocue nei campi agricoli. Il fuoco che aveva il suo posto aperto e ricco di fumo, venne sostituito con caminetti le cui canne fumarie vennero a loro volta riunite e lascieranno il posto a impianti di riscaldamento centrale comunisti.
La pericolosa torcia di pino, la tecnica la sostituì con lampade a olio, poi con le diverse cere delle candele, poi a petrolio e a spirito, poi a gas e finalmente con l’elettricità, una luce pulita e comoda, e l’altrettanto calore. Quali nervi e vasi saguigni in organismo, la vita sociale viene collegata da queste istituzioni pubbliche e comunitarie; quanto il traffico ha fatto collegando le singoli tribù a popolazioni, popoli a umanità, altrettanto hanno fatto queste istituzioni che distribuiscono acqua, gas ed elettricità, fino al recente telefono. Se la vita esteriore è quella che è, lo dobbiamo alla tecnica. La tecnica permette al singolo di cercarsi, indipendentemente, un campo d’azione, dà la possibilità ad un popolo di espandersi, senza limiti, demograficamente, in quanto crea illimitate possibilità di vita: fruttificando terre fino allora sterili, nel migliorare il lavoro sui campi, nell’importazione di alimenti lontani – nello sfruttamento totale delle ricchezze della natura, nelle occasioni di lavoro per altrimenti disoccupati, nell’esportazione di prodotti commerciali. La tecnica ha anche dato armi per conquiste tramite la guerra e traffico, per la diffusione del suo potere e forme di vita. La tecnica non seppe che utilizzare nelle sue ultime minime parti quanto ritenuto inutile scarto, ogni forza della natura, ogni angolo di terra, ma pure di conservare quanto c’era: dighe e contrafforti per difendersi dalle innondazioni, per limitare i focolai d’incendi con l’uso di materiali ignifughi, la ventilazione nelle miniere, scongiurare i pericoli di epidemie con le canalizzazioni, e dove la vita era anconra messa in pericolo, aiutò la medicina con mezzi chimici, strumenti e medicazioni. Nella lotta contro la fame e mortalità, organizzò sempre ulteriori forze della natura, forgiando un potente scudo alla vita.
6. Scienza e Arte
Lotta e fame sono le più forti manifestazioni del sentimento vitale cosmico: la intima centrifugalità, la fuga degli elementi prigemi riuniti nel corpo per appropriarsi della natura circostante compensandola; ma anche la sete di conoscenza hanno identica origine. Se la tecnica assunse un ruolo più cospiquo per il primo compito esistenziale, così la scienza. Dapprima nel contenuto, poi la tecnica, mai soddisfatta, utilizzò ogni successo per procedere ulteriormente, ogni strumento nello sfruttarlo al massimo, attirando ulteriori cerchie della natura nell’ambito umano ed insegnò all’uomo a conoscerli, a tener conto di fatti nuovi. Grazie al traffico, la tecnica ha fatto conoscere all’uomo, dapprima sedentario e in confidenza con la sua stretta patria, le piante, animali e pietre autoctoni, poi nuovi paesi, continenti e inimmaginabili roccie ed esseri viventi. L’immagine del mondo continuava, sempre più, a presentare nuove inquietanti sfacettature che lo spirito sentì in dovere di osservare, ordinare, ragruppare e riassumere a seconda delle loro origini e comprenderne tutte le relazioni che le legavano tra di loro. La tecnica aiutò, grazie alle sue vaste diramazioni nella natura, a colmare le sempre nuove lacune che si presentavano: sospinta dalla tecnica, presa al suo servizio, la scienza ebbe modo di affermarsi se non altro come una forma più raffinata di tecnica. Oltre i contenuti delle scoperte, la tecnica fornì pure gli strumenti, al naturalista il bistouri, lenti e telescopi, macchine e storte; allo storico la documentazione del passato da pietre, rulli di argilla, pergamene, carte, permettendone anche una riesumazione, il fotografarle, lo svolgere i papiri di Ercolano. E, finalmente, la tecnica fece nascere la stampa. Unicamente la stampa, con la possibilità di rapidamente riprodurre una comunicazione, ha dato il tocco finale alla scienza che di per sé, in ogni momento, continua a produrre nuove informazioni, in attesa di venir diffuse. La scienza non è altro che la conoscenza concatenata della realtà, ma l’umanità ne può prendere atto che se le osservazioni dei singoli vengono comunicate. Non da iscrizioni su pietra, o limitata alla comunicazione orale, nemmeno le trascrizioni da pergamene; assolutamente ideale, la stampa. Anche nei lignei torchi a mano ed ancor di più nelle moderne rotative e le macchine che ne riuniscono tutte le fasi, dalla scrittura, composizione, stampa e legatura, la scienza è diventata l’insegnamento dell’umanità. I libri, particolarmente quelli illustrati, illimitati mezzo d’istruzione, biblioteche e lessici le cassaforti del sapere, fonti per ognuno di nutrimento spirituale, i giornali, in comunicazione tra di loro grazie al telegrafo, grazie al traffico sono disponibili a chiunque: l’istruzione circola, agisce, cresce grazie alla tecnica. Anche l’opera maggiore dell’uomo, l’arte, ha potuto fare i suoi passi che grazie alla tecnica. Non solo l’arte del costruire che, per dominare le masse fisiche, ha dovuto far capo in modo più ampio all’uso della tecnica, ma anche le arti figurative non avrebbero potuto, senza la tecnica, raggiungere l’impatto attuale. Essa sarebbe rimasta un rozzo pendaglio di legno di un amuleto se spatola e mezzi per incidere non avessero trasformato le urne di terracotta in ritratti, se le lame non avessero permesso la scultura di tronchi con Hermen ravvivati dal sensuale colore. E si potè continuare che apprendendo l’elaborazione delle roccie con lo scalpello che raffinò le rappresentazioni. E l’uso dei minerali che si apprese a fondere per giungere ai bronzi cesellati, alla tecnica della cera persa di Celliniana memoria. Grazie al pantografo, il modello dell’artista ha potuto trovare realizzazione in mani meno esperte, e riprodurre le fusioni senza limiti numerici dando la gioia di apprezzare anche a chi non aveva la possibilità di goderne l’originale, così come la fotografia e la fototipia permisero la diffusione di immagini artistiche aumentandone infinitamente l’effetto culturale, anche se l’unico! Queste benedizioni le ebbero in comune, pittura e scultura. Ma anche altre arti approfittarono della tecnica. La colorazione, grazie al pennello e punteruoli portò alla perfezione delle forme.
La tecnica rese disponibili pareti, vasi e tessuti, ne scelse i materiali, trattò accuratamente le superfici per la ricezione della pittura, la tecnica scoprì i colori più resistenti e brillanti, trovò il modo di legarli e fluidificarli, sostituì lattici di fico e resine con olii, lisciò superfici per gli affreschi ed azzimò le tele.
La tecnica diede all’artista maggior libertà di movimento, con i colori che non necessitavano più una laboriosa preparazione, la spedizione ogni dove di pennelli pronti all’uso ed indispensabili. Tecnica usata quale strumento – strumento, in senso lato, per ammaestrare la natura. L’arte nulla può fare se non è in grado di comprendere un qualsiasi colpo di pennello o di scalpello quale parte di un progetto più vasto e vedere, inserendolo, in questo scopo conclusivo l’organizzazione di un singolo, o senza il possedere tecnicamente la fedeltà alla natura. L’attività esteriore del pittore è prevalentemnte tecnica, non per nulla si chiama «Techne», ovvero «Arte»: l’artista figurativo era socialmente considerato un lavoratore manuale.
Anche la musica deve molto alla tecnica, dai primi ronzii alle conchiglie sonore, le lire, i flauti degli antichi, ai violini, i pianoforti moderni sono strumenti e mezzi espressivi a complemento dello strumento originario della voce umana e permise alla musica, il mondo dei sentimenti, di svolgere le proprie intenzioni. E improntò alle composizioni musicali un infinito campo d’azione, dando loro una notazione, la stampa ed una diffusione tramite gli organetti ed il fonografo. Non meno l’arte del teatro, per cui la tecnica costruì sale, diede loro una buona acustica, dipinse i fondali, ne fece i costumi, rese possibili gli effetti scenici, e si può ben dire che la tecnica fu determinante nell’accettazione pubblica del teatro. Livelli minimi di tecnica, se presenti, sono da constatare nell’arte poetica, salvo che per la loro diffusione tramite la stampa. Se nelle opere maggiori esiste indubbiamente un soppesare delle parti, azioni, sentimenti e personaggi, e pertanto una sottomissione del singolo ed un’organizzazione del tutto con tecnica compositiva – se anche ritmo e rime richiedono padronanza, pratica e manipolazione di forme e pertanto una tecnica – se il linguaggio deve assumere la sua funzione di messaggero e pertanto la formazione di parole e frasi si lasciano modellare: in questo caso la «tecnica» è piuttosto più una generica qualità umana nel dominare il materiale che non abbisogna di particolari strumenti. Il materiale non è di natura esteriore, ma intimo. Qui, come sempre nelle profondità dell’arte, la tecnica ha i suoi confini. E pertanto, al di là di ciò, la caratterizza.
Traduzione Bruno Ferrini