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Le leggi vitali della cultura – Terza parte – Il futuro della cultura

XXV. Il valore culturale della personalità

Le personalità iniziatrici della cultura

Le personalità si formano dove ci sono processi dovuti alle razze e rappresentano. per le loro caratteristiche creative, la prova dell’azione di forze interne oltre la media hanno l’op­por­tu­nità di intervenire nelle diatribe tra sangue differenti e pren­dere parte formando un nuovo corpo. Contrasti fra razze sono presenti, ma così trovano un livellamento.

In casa consista il significato di singole personalità, tra­mi­te quali azioni si caratterizza, tramite quale lavoro, creativo indichi una direzione, tutto ciò, penso io, non è altro che un prossimo segno delle tra di loro combattenti forze dei tempi. A seconda di quali siano le forze che intervengono tra le relazioni razziali, se non sono state risvegliate dalle contingenze, le vi­cen­de, le necessità, le situazioni della vita manifestata dai po­po­li; ed il parteciparvi da personalità la porta ad essere visibile.

Non è che questi bisogni siano stati creati dalla per­so­na­lità; tutt’altro esse rappresentano espressioni simultanee dello stesso profondo principio organico fondamentale. Solo che, cosa che è ancora generalmente non accessibile nella soluzione ed unità, lo è invece nel piccolo dove ha più possibilità di affermarsi; e questa soluzione provvisoria, questa speranza di felice nascita di un atteggiamento innovativo sono appunto le personalità: queste rappresentano dunque, dove appaiono, da un lato le scintille di contrasti ma anche la pace, tra forze che si battono per obiettivi discosti. Forse, questi obiettivi sa­reb­bero raggiunti che molto più tardi nel tempo, se non mai: ma l’umanità si lascia guidare volonterosamente, se diventa ne­ces­sa­rio, ed allora sono le grandi personalità che inter­ven­gono e portano al progresso. L’alba non sveglia sempre la gente, ma ne annuncia il giorno cui si andrà incontro.

Ma questo progresso portato dalle personalità è lento e per crearne la via si devono far esplodere molti macigni. Una prima personalità che si cimenta dapprima in proprio le intuizioni per poi portale e renderle disponibili agli altri trova spesso in­com­prensione, poi, un giorno, vengono accettate come la cosa più ovvia. Per essere accettate, si delinea per lo più uno stato di emergenza che induce, oltre il singolo, a recepirne l’utilità e a deciderne l’accettazione in un ambito dominato dal Caos fonte di ulteriori dissidi.

Ogni forma di vita è previssuta, subita, cercata e trovata dalle personalità. Poi, la massa la ricupera quasi fosse di loro. Tutti valori della cultura sono stati forgiati da personalità, quale proprio tesoro personale; poi diventa consumata mo­ne­tina corrente per i più. Tutta la cultura è opera di personalità, la massa la degrada deformandola; quanto le personalità si creano nel loro intimo, è l’immagine primigenia di un’opera colossale ancora dotata di vita intima: gli operai della cultura, la massa, ne fanno l’immagine ingrandita da sfoggiare sulla strada, nei mercati. Sì, le personalità nate da diversità e cont­ras­ti etnici, semi di nuove specie, sono i creatori della cultura. la massa, finalmente rappacificata e compensata nelle loro diversità, rappresenta che il mero utilizzatore della cultura. La cultura unisce un popolo, una in sé chiusa nazione, cultura non è che una personalità che agisce in proprio e si esprime crea­ti­va­mente verso l’esterno.

Gli inventori

I tempi mutano che le cose, anche gli uomini cambino: ogni sviluppo ha origine nell’intimo; tutte forze esterne, se non foriere immediate di distruzione, agiscono che per il tramite di raggiri sull’intimo umano; tutti i vantaggi, offerti dalla natura, assumono le caratteristiche vitali che tramite l’uomo. […]

L’inventore tecnico è il più anziano degli inventori. Anche le più antiche e «semplici» applicazioni di strumenti manuali sono frutto di un’unica testolina o da più ed indipendentemente confrontate con identico problema. […]

Sono pertanto singole personalità che hanno ideato solu­zioni «esterne» per rivoluzionari oggetti che diventeranno d’uso comune e caratterizzeranno epoche. Nella realtà, le epoche sopraggiungeranno con le nuove umanità le cui es­pres­sio­ni si rispecchieranno, una prima volta e con successo, nella personalità dell’inventore. […]

Se tutte queste splendide invenzioni del secolo tecnologico abbiano, oltre l’uso pragmatico, veramente aiutato l’umanità a benedetta nuova vita dipende esclusivamente se i meccanismi soggiacenti le razze verranno superati e se queste seguiranno le personalità e le nuove culture: seppur di grande impatto im­me­dia­to, le nuove invenzioni non indicano nuove vie etiche ma non ne sono che i mezzi per arrivarci dandoci una mano; stru­men­ti di vita, non contenuti.

I condottieri

[…] Il condottiero è la più brillante esteriorizzazione dell’ uomo quale colui. dove in auge, che ha saputo dal nulla del caso trarne i frutti sul campo di battaglia; e chi riesce a coor­di­nare forze di per sé disordinate a indicibile potenza, è un con­dot­tiero che da centinaia, migliaia o centinaia di migliaia di suoi combattenti ne fa un unitario e superiore strumento. […]

L’eroe combattente viene rappresentato quale apparente forma di vita, ma non nel senso dell’inventore tecnico. L’eroe combattente crea il corpo di un popolo mettendolo in relazione ai suoi modi di vita, mette radici nel suolo del paese, facendo diventare pianta un germoglio. […]

Un tempo smidollato e castrato come il nostro che non conosce altro che non sia affare e sconsiderato piacere al ser­vi­zio della donna e delle sue esigenze, mostra orrore di fronte al sangue versato nelle guerre; come se il marciume non pro­vo­cas­se maggiori dolori nelle ultrasensibili terminazioni nervose dell’uomo e non venissero sprecate più risorse, tesori e per­so­na­lità di quanto provochino incendi e calpestii di un conflitto armato. Che la guerra sia orribile, nessun lo nega, ma anche la vita è dura e non meno la natura e di conversa anche l’uomo, un popolo sopra i quali agiscono le leggi della vita, non sempre riesce a eludere. […]

Tra le varie razze particolarmente dotate quali com­bat­ten­ti, gli ariani ed i tedeschi in particolare che nutrono sentimenti per i loro eroi combattenti che avrebbero potuto portare frutti se fosse stata impegnata oltre al mantenimento di una coesione del popolo e la nascita di eroi quali il Cid spagnolo, i grandi condottieri del rinascimento italiani, dei francesi, svedesi, te­des­chi del XVII. secolo – Wallenstein, Gustav Adolf, Turenne, Prinz Eugen – dei condottieri francesi e tedeschi del tempo napoleonico e della guerra degli anni settanta. […]

E bisogna riconoscerlo: ogni personalità che rappresenta un popolo, ne è una sua espressione, per quanto ne possa sem­brare estranea, o essere contraria al sentire comune e com­pren­sione; comunque ha sempre ragione la personalità che fa fronte comune con la natura, cosa di cui il popolo non si cura.

Gli uomini di Stato

Il condottiero, realizza per il suo popolo la sua prima realizzazione, spesso purtroppo anche l’ultima. Ma quando ha fatto il suo lavoro e se il destino forgiante i popoli gli sarà benigno, allora l’educatore, il legislatore, l’uomo di Stato ne prende il posto alla costruzione del suo popolo. Il legislatore è l’uomo che non si limita a salvare il presente nelle sue con­tin­genze immediate - come lo deve fare il condottiero se non è impegnato in una guerra – ma deve volgere il suo lungimirante sguardo oltre le piccole beghe intime o esterne quotidiane frutto delle sotterranee forze che riconosce ed è in grado di superare, vedendone gli scopi a cui tendono, senza pertanto riuscire a raggiungerli. E così soppesa le forze del presente ai grandi compiti del futuro ai piccoli desideri e capricci alla dura volontà della razza. Le forze del sangue, nella loro irrequieta azione, trovano nel legislatore una unità che supera quella del condottiero. Il legislatore, per indicare vie veramente grandi e oltre i contrasti che dominano il suo tempo, non in fredda lontananza ma prendendone spunto, e tramite la sua genialità unificandoli; solo allora riesce a sentire nel suo intimo il prop­rio sviluppo, la propria educazione di cui prende esempio per presentarla al popolo quale via da seguire dal modo di vita del passato a quello futuro tra le tempestose vicende del presente. La legislazione parlamentare non è che il diario degli interessi casuali e ne rispecchia il marciume; fruttuoso e veramente nazionale po essere unicamente il singolo e geniale uomo di Stato, quale fu Bismarck, che sicuramente prese spunto, quale ideale personale, il sorgere di una nuova razza che ne sod­dis­fa­ces­se i necessari modi di vita ed ebbe il coraggio di realizzare, nel caso gli venisse data l’opportunità, di dirigere le cose al loro nascere. Molti ringraziamenti gli furono lesinati: più grande il suo lavoro, più complicate le situazioni, meno può soddisfare con le sue misure di regolamentazione le esigenze dei singoli che pensano esclusivamente ai propri interessi della prossima ora e non è disposto, a vantaggio di un migliore futuro, ad accettare, manco per un giorno, limitazioni. Oltre ciò, in cotali momenti di sbando, dove la geniale presenza di uno statista sarebbe di grande utilità, i diritti popolari sono esternamente molto ampi, all’egida della democrazia dando al popolo una voce con la quale, fin troppo volentieri per di­mos­tra­re l’avversità a grandezza, severità e potere dei signori, mette alla gogna della compassione, riducendoli ad un mucchio di cocci, grandi creatori di cultura dello Stato. Un Licurgo che intervenne prima che i guai assumessero toni irricuperabili, pur trovando negli spartani una legislazione a loro utile, ebbe la volontà di introdurne una nuova che resisterà per cinque secoli e sufficientemente saggia per sfuggire alla riconoscenza dei suoi concittadini. Solone dovette sopportare come si passò oltre la sua legislazione ed un Pericle, come i Gracchi, l’umi­lia­zione del declino quale ricompensa per aver avuto una grande visione di completezza.

Trattandosi di lotte di potere, il popolino, dal suo limitato punto di vista, non ha tutti i torti: se il grande statista riesce nel suo intento di affermare il suo progetto, subitamente in­ter­ven­gono in luogo del potere del popolo il forte potere regale, la grande apparente unità del Paese, quasi che la sua unità sia sul punto di realizzarsi in barba alle presenti diatribe. Sulla cos­ti­tu­zione di Solone, si baso Pisistrato, dopo Richelieu subentrò Luigi XIV., Bismark in Germania esemplarmente affermò la monarchia, anche se a scapito di altre sovranità. Che poi, per lo più guerre vittoriose diano ulteriore splendore alla corone grazie a condottieri di successo, sono lì a dimostrare come la ricchezza di personalità di diverso genere agisca sulla variegata massa del popolo quale profondamente ancorata tendenza ad esprimere la propria identità di razza; le une personalità si danno, seppur inconsapevolmente, la mano, facendo spesso diventare i propri obiettivi che pretesti, loro riflessi dalla na­tu­ra, per indurli o meglio, fantasie del loro intimo, che si in­tru­fo­lano con le contingenze della vita esterna. Ma senza queste piccole deficienze deviate, non ci sarebbe alcun avan­za­men­to; dobbiamo rioconoscerlo: ogni personalità che si pre­sen­ta al popolo non è che la raffigurazione di quel popolo, quand’anche estranea e controproducente e poco comprensibile al popolo; sempre ragione ha comunque la personalità quale natura uni­ta­ria, cosa che il popolo ancora aspetta.

I costruttori

Una della caratteristiche peculiari nell’azione di per­so­na­li­tà, il fatto che seppur intenzionati a realizzare propri interessi, nel contempo ne creano per il futuro; se avessero occhieggiato se non dato seguito a regole, opinioni e scopi della stragrande maggioranza dei contemporanei, avrebbero perso la intima sicurezza di un obiettivo, senza mai divenire utile nella vita di tutti i giorni ; ma essendo le personalità plasmate dalla loro propria visione aliena al popolo, queste sono caratterizzate dalla regola che più esse sono estranee, tanto più posseggono una struttura unitaria e sono a loro agio: L’acqua non as­so­mig­lia in alcun modo a ossigeno e idrogeno dei quali è comun­que composta; e la sua personalità non assomiglia alla scon­clu­sio­nata confusione nella quale si muove la larga massa seppur da lui formata, e rappresentante un’unità anche se nel contempo vengono considerati degni da condannare e crocefiggere o gente da manicomio o da prigione.

Se il genio dell’inventore tecnico lo aiuta a dargli i mezzi per la sua lotta di vita, l’eroe condottiero si adegua alla realtà politica, il legislatore crea le condizioni per evitare una perdita di coesione educando all’unità, tutto ciò adempie ad un lavoro culturale evidente ma che non è sufficente se ad essi non ven­go­no aggiunti valori interiori che li nobilitano. Per il le­gis­la­tore difficile qualche cosa di grande, se in lui non vigono quei valori interni di visione del mondo ed i convincimenti che lo contraddistinguono e lo distinguono dal popolo per lo più mosso dalla religione, pertanto non lettere morte! Il legislatore non può appoggiarsi che sui sentimenti del suo prossimo bi­sog­no­so di giustizia, sui loro modi di percepire e sentire, dalla loro moralità e religiosità per creare un vitale ordine tramite il cuore del popolo, quale via principale ai suoi intenti per lo Stato e la razza.

Da questo cuore, dal fare e disfare al sevizio dei propri sentimenti, delle piccole esigenze di tutti i giorni, altresì dei grandi pensieri, lavorano i grandi raffiguratori, i costruttori, pittori e scultori.

Particolarmente nei costruttori si evidenzia lo stretto rap­porto delle personalità con il loro tempo, di cui ne sono in­dub­biamente superiori. […]

Così il capomastro, legato alla vita comunitaria, a me­ce­na­ti pubblici o privati, può battere la strada creando valori tanto più cospicui che quanto si sottraggono alla superficialità, ques­te personalità sono, oltre che essere originate dalla natura, esse stesse forze della natura. […]

Non è un caso, che dal 600 d.C. siano reperibili cotanti nomi di costruttori nell’Ellade, proprio dove si stava svolgendo quei rivolgimenti di popoli e tribù da cui nascerà l’Ellade to­ta­le; lo stesso dicasi per il Rinascimento con tutti i suoi archi­tet­ti. Spesso sono contemporaneamente scultori e pittori, come lascia intuire la leggenda greca di Dedalo, e come brillan­te­men­te riuniti in Michelangelo: sorge la creatività delle forme da una grande forza interiore della personalità che dà forma a tutto quanto entra in contatto con loro.

Scultori e pittori

Se i costruttori hanno da sempre assolto alle necessità della vita in comune: anche il tempio, per onorare Dio, è una costruzione pragmatica, i pittori e gli scultori ben altrimenti hanno interagito con la vita interiore dei singoli. […]

Artisti figurativi, lo possono diventare che coloro pos­se­den­ti, oltre una superiorità ed autostima, il dono di essere in grado di percepire il mondo esterno in modo deci­sa­men­te diverso che li spinge ad agire e soddisfacendo il loro piacere di vivere – ed anche la pena di non poter pienamente partecipare alle forze vitali disponibili! […]

Il valore culturale delle personalità figurative consiste nel fatto che esse educano gli umani alla vita dei sensi, dandone ai loro tentativi una concretezza dalla messe delle opere atte a rincuorali in questa vita terrena.

I musicisti, i compositori

Le arti raffigurative predicano la bellezza, gioia ed eternità del sensuale mondo terreno cui vuole dare albergo all’uomo, dando alla sua corporalità il massimo di percezione materiale il cui spirito si evidenzia che nei momenti dati da forme tran­quil­le, quelle che si differenziano maggiormente dalle rozzezze della natura in contrasto con la bestialità da cui si distingue per le sembianze che l’uomo ha con Dio – non materialmente nei singoli comparti del suo corpo, ma in modo dinamico nella perfezione del suo interiore ed esteriore del suo creato. nella sottomissione perfetta delle forze inferiori a quelle superiori; e questa indistruttibile gerarchia di forze rappresenta il vero con­tenuto del divino.

Se l’opera degli artisti raffigurativi illumina quale un rag­gio di sole il mondo, non altrettanto vale per i musicisti. […]

Necessità per la vita popolare, la musica religiosa e chie­sas­tica lo divenne che con l’affermarsi della cristianità i cui divieti contro il corpo causarono un accumulo di forze nell’uo­mo che richiedevano una loro forzata liberazione: per tale scopo, la musica si presta egregiamente. Ma per quanto la musica leggera possa abilitare le gioie, questo lo fà che per il gioioso di natura, mentre che per il triste non ne aumenterà che la tristezza senza pertanto rappresentare una consolazione; tale liberazione gli è data dalla musica "seria" nata a sua volta da dolori spirituali. E nuovamente la personalità del musicista entra in azione. […]

La sua vita interiore, il musicista la rappresenta nelle sue composizioni e, ovviamente, le opere di un artista solare sono diverse da quelle di un amareggiato Mozart altrimenti che in Beethoven; ed anche i tempi ed i popoli necessitano di altri maestri, maestri dei loro sentimenti, per gli Italiani una musica che non possa mai dimenticare la gioia dei sensi, un tono se­rio­so per i Russi, per i Tedeschi una contenuta festosità. La mu­si­ca ellenica, di cui non abbiamo conoscenza, deve essere stata diversa da quella postcristiana, quanto già diversa con le espressioni del felice Rococo rispetto a quanto seguì. E anche questo contesto, dimostra quali forze al di là delle personali, quelle dell’etnia, abbiano caratterizzato le singole personalità; la loro creatività è espressione a posteriori delle loro origini.

Il poeta

Se il compositore riesce a liberarsi nelle sue opere da immanenti sentimenti che poi vengono riproposti ed evi­den­zia­ti negli ascoltatori, il valore culturale della musica e dei suoi maestri può essere visto nella regolazione della vita dei sen­ti­menti fisici. La vita fisica dei sentimenti comporta tutti quei processi interiori e per di più nascosti del corpo che poi si riflettono nel cervello per invaderne le percezioni. Dai sen­ti­men­ti fisici nascono i sentimenti psichici allorquando la per­ce­zio­ne influisce con la sua evidenziazione della realtà, delle immagini e dei ricordi rimescolando le sue percezioni fisiche con la vita dei sentimenti. Quanto il musicista rappresenta per la vita dei sentimenti, lo è il poeta per la vita degli stati d’animo.

Come tutti gli artisti, e quasi sempre maggiormente, il poeta rappresenta una forza della cultura ed è in grado di creare forme di vita dei stati d’animo, qualora sappia essere fedele a sé stesso in qualsiasi frangente, e sappia au­ten­ti­ca­men­te ricavare dalle proprie risorse; dovesse adeguarsi secondo i labili gusti di causali osservatori, sprecherebbe le proprie risorse e le sue forze e tradirebbe sé stesso, ed in tal caso dar seguito ai suoi bisogni istantanei anche per lui stranieri; unicamente con il presente sarà in grado di far rispondere i tempi: ma allora trascorrerà con essi. Ma ogni lavoro è prelavoro-preparazione. Previvere, e più lontano è la piena efficacia del pensiero di un poeta, più significativa è la sua forza creativa, più particolari coloro che ne trovano in lui la prima realizzazione. Il poeta è unicamente una forza della cultura se annuncia un futuro quale intuizione data dalla profonda conoscenza del presente: e questo lo può fare se caparbiamente e senza alcuna remora affronta i bassifondi della sua vita che sono la sua vera vita e presente. Unicamente chi porta in sé il mondo, ne appartiene.

I filosofi

Visto che il grande e pensante poeta crea il suo mondo ed in questo mondo unico ne diventa alfiere, etico che trova nel filosofo una varietà di sé stesso seppur meno esposto agli umori della vita dei sentimenti, il cui valore culturale consiste nel dar forma ad una vita di pensieri. Punto comune tra poeta e filosofo, la lingua quale mezzo per le loro rappresentazioni as­sie­me alla vista spaziante il mondo; i due si differenziano comunque in quanto il poeta vive di stati d’animo e che può tener conto anche di quelli religiosi, per contro il filosofo si basa sulla percezione del mondo delle idee.

Al filosofo non basta l’immediata percepita certezza della trinità: Dio – Natura – Uomo – come lo è per il poeta, il filo­sofo nelle sue descrizioni del mondo, vuole ascoltare le grandi forze insite nell’universo con i loro intenti; vuole registrare nelle sue implicazioni ogni svariato dettaglio del caso parte di un tutto che lui definisce come leggi, necessità, destino. Il poeta comprende il mondo nel presente, il filosofo nell’e­ter­nità. […]

L’essere del mondo non si lascia riconoscere, ma può essere vissuto.

Vivere significa realizzare la propria vita e confrontarsi con la realtà; la verità esiste che nella vita, non nel riconoscere, per ognuno la verità è un’altra in quanto tutti devono ine­so­ra­bil­mente vivere fino in fondo la propria vita; la vita è pertanto realizzare il proprio essere in accordo con i grandi voleri del mondo, in sé stesso e per tramite dello spiegamento di ogni forza per creare un’unità ed equità.

Così, il filosofo si trasforma da riconoscitore a giudice, da osservatore della realtà un legislatore di prossime creazioni e forme di pensiero, irradiate dal suo intimo a seguito delle se­ve­re necessità della vita, per lui stesso nella chiarezza e ordine de mondo, ma che diventano a loro volta sentieri per altri, sulla scia delle considerazioni del filosofo e fatte proprie portandoli ad una nuova realtà ed ad agire in modo diverso rispetto a prima. In questo modo, le nuove considerazioni fluiscono nella vita di tutti i giorni, come ogni filosofia che volle essere sag­gez­za della vita, saggezza per la vita. La sua etica è il valore della visione del mondo: la sua etica portata dalle forme, come esse videro la realtà e quale realtà hanno presentato a sé stessi ed ai propri allievi, questo ha fatto la significanza culturale dei filo­sofi, quand’anche essi siano state forze temporali o a di­pen­den­za della razza a determinarne i loro scopi sia un freddo Platone od un acuto Aristotele di un autoframmentarsi dell’el­le­nis­mo; o di un Giordano Bruno, il poetizzante italiano, e un Spinoza, l’ebreo alieno al mondo, in cui l’invecchiante senso monoteista si auto-elide; o di un Rousseau, un Kant, un Hegel, un Scho­pen­hauer, un Nietzsche. E come pure le le forze etiche che hanno diretto il loro sguardo di ricercatori di ristretti camèpio scientifici, quali un Coper­ni­co o Darwin, che, benché scienziati, hanno fondato nuovi fondamenti di vita; o geniali educatori: Socrate, Pestalozzi.

I fondatori di religioni

l’Inventore crea gli strumenti per la vita esteriore.

Il guerriero, il campo sul quale una razza nazionale può fondare uno Stato.

L’uomo di Stato crea le grandi barriere  ed i sentieri della vita in comune, con le proprie, verso l’interno e l’esterno, fron­tiere, scopi e sviluppi.

Il costruttore crea gli spazi, nel cui spirito di svolge la vita in comune.

Il figurativo, pittore o scultore, crea le belle forme alle quali si avvicinano i sensi, ci si educa ed edifica.

Il compositore crea l’espressione per la vita dei sentimenti dell’uomo.

Il poeta crea forme di vita per gli stati d’animo.

Il filosofo crea la visione del mondo, sulla quale si basa il metro per un’epoca.

Ma l’unica percezione immediata della vita la crea il fondatore di religione.

Non è che la religione abbia di per sé bisogno di essere fondata: l’immediato senso della vita dell’uomo è in grado di circondarsi da vive, creative, eterne forze; il senso religioso può darsi alfabetiche teorie, ma così la resurrezione diventa problematica. Il sentimento di unitarie personalità si rivolge anche in regioni religiose per le rozze masse, e prima che ce ne se accorga, nasce un nuovo giorno da propagare. […]

Quando Cristo disse: «Io sono la via, la verità e la vita, nes­suno giunge al Padre se non con mè». Un punto fermo. Nes­su­no può arrogarsi la divina pace, superiore oltre la ragione di esegeti delle scritture, nessuno può condividere il regno di Dio, la sua figliolanza con Dio o godere della sua divinità, se non vive come Cristo la verità, ovvero, in armonia con le prime volontà divine per il mondo; che sono: portare la propria forza interiore a vincere le forze inferiori, l’incarnazione della forza prima nell’eterna pace della bellezza.

Di ogni personalità della cultura, Cristo è la più sig­ni­fi­ca­tiva, quella più profondamente intima di divina umanità. Nulla supera la sua nuova creazione della vita; sarebbe comunque il caso di liberarci da tutte le vecchie rovine, nei cui carceri è costretto a languire. Unicamente allorquando il cristianesimo storico sarà perito, Cristo potrà risorgere.

Le leggi vitali della cultura

Non è un caso che i massimi valori culturali dell'umanità siano stati creati da uomini e non da donne; l'unico campo in cui le donne si sono fatte un nome è nell'arte del governo di Stato,  oltre quello a loro congeniale della casa quale prima forma di coabitazione la cui creazione è a loro dovuta, in quan­to più bisognose di connessioni e di stabilità. Ma proprio ques­te qualità precipuamente femminili ne hanno fatto i custodi della cultura creata dagli uomini in quanto più plas­mati dalla loro personalità, più indipendenti e volonterosi.

Incessante il benefico influsso della donna, e qui siamo al punto. Non è che l'uomo in legame con l'uomo ad essere in grado di porre freno all'eccesso di rigidi costumi e al fram­men­tan­te affaccendamento, allorquando la vita in comune tornerà a prendersi il ruolo primario a scapito del commercio («Blut und Scholle») e la vita del singolo baserà sulla personalità; solo così il lavoro tra i generi farà fiorire nuova cultura. Ma per­tan­to, a tale fine, ne è indispensabile la presenza di uomini atti ad impedire l'altrimenti inarrestabile declino della nostra società, facendone della cultura un coccio. [...]

E queste eranole regole di tale umanità:

  La cultura
1. sorge con personalità che sappiano sulla scorta dell' am­biente a loro circostante, plasmarlo con creatività;
2. si raffigura quando una comunità umana se ne ap­prop­ria;
3. cresce in un continuo vicendarsi di nuove personalità che sappiano contribuire con nuove forme di vita alla crescenti necessità.
4. ne diventa costanti forme di vita in una natura cos­tan­te ed altrettanto costante crescita dell’uomo.
5. degrada con il degrado delle razze
  a) suddividendosi
  b) in inadeguate mescolanze
  con conseguente contrapposizione di ogni forma di vita
  x) intima insoddisfazione
  y) un apparente turgore nei modi di vita
  sulla scorta di sempre nuove esigenze malgrado la ricca presenza di innovative personalità cui non vien dato credito alcuno.

Annotazioni, una vasta selezione