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Nietzsche e io

Sicuramente la condizione di massa ha il suo diritto alla fame proprio sulla massa mutevole della terra.

Certamente inevitabile, la lotta feroce tra i propri in­no­va­tori di vita e tutta la potenza racchiusa nel passato, finché la fame costringa chiunque e qualsiasi a guadagnarsi da vivere, ma la maggior parte ancora venera i dettami della fame come divini o di levatura morale, odiando, quale rapina alla vita, qualsiasi ordine realmente superiore.

Ma per la maggior parte delle persone, tutti i principi della vita sono irrilevanti. La riorganizzazione dell’ordine esterno per mezzo di una nuova visione della vita avviene solo gra­dual­men­te, senza essere scossi nel corso individuale del lavoro e del guadagnarsi da vivere, a cui ogni nuova macchina può diven­ta­re motivo di maggior preoccupazione. In questo modo, la lotta tra il vecchio e il nuovo potrebbe essere ammorbidita, dav­vero fruttuosa convivenza e convivenza in una libera struttura.

Ma, come cani incatenati, quelle nature, che sono pertanto intellettualmente attive, ma vincolate dalla loro volontà, cor­ro­no contro il rinnovamento della vita. Sentono il nemico del loro rigido stile di vita cui corrispondono, impediscono finché pos­si­bile l’incremento alla vita con nascosta scia di resistenza e, in seguito, quando il silenzio non ha aiutato, dopo tutto, con le sberle di paura del potere della folla, unendosi all’entusiasmo con cui mettono in guardia contro la «fine imminente».

Se potessi eliminare questi intermediari, il rinnovo della vita sarebbe presto su una pista precedente!

Dal momento che deve essere eliminata in particolare l’illusione che la forza vivente, che la dieta individuale, deb­ba­no soffrire per le strutture di governo, per la servitù dell’ub­bi­dien­za, per la rigidità, per la dipendenza: su questa illusione ci vivono al meglio i vettori intermedi, i sacerdoti moraleggianti dalla coercizione del pubblico incredulo – peggior sacerdoti e ministri che mai una credenza imperiosa abbia visto o imposto.

* * *

Nietzsche ha provato un primo passo per eliminare questa palude.

Si oppose alla moralità delle masse e degli schiavi e de­si­derò basare i valori dell’ordinamento dello stato di non su una debole schiavitù, ma su una forte volontà.

Resta il suo atto imperituro di aver riconosciuto la pos­si­bi­lità di una valutazione completamente opposta delle cose e quindi di aver inferito il primo colpo d’ariete contro i nostri modi congelati ed irrigiditi.

Tuttavia, il suo tentativo è un errore.

Fondamentalmente, basa la sua nuova valutazione in­te­ra­mente sullo stesso piano su cui era fondato il vecchio. Parla di Magistero – ma vuole avviarlo sul ferreo allevamento su cui si deve sicuramente mettere piede se il suo obiettivo è es­clu­si­va­mente rappresentato dal supporto vitale, che è anche l’obiet­ti­vo delle masse. Ma lo sviluppo della vita ??!

L’allevamento razziale significa: la piegatura-forgiatura e costrizione dell’auto-volontà sotto il benessere della mag­gio­ran­za della razza. Trascurato e trascurabile è l’individuo, quando l’allevamento di razza è l’unica fonte di energia es­sen­ziale e farne strame, se ci sono adeguate potenzi unità interne, sarà unicamente possibile se sono in contrasto con la volontà di maggioranza per il potere; e tali impulsi saltano fuori dal sangue più puro, sfidando tutti gli obiettivi della competizione in cui si è impegnati.88

L’umanità ha già tentato di allevare, ma il potere di pre­ser­vazione non poté impedire l’emergere di nuovi germi in­di­viduali, più che prevenire l’ascensione degli assoggettati. Che non è nemmeno riuscita ai duri e puri Spartani e nemmeno ai cavalieri del Baltico, e tutta la nobiltà ha visto lo spirito delle nuove forze operative al suo fianco e al loro posto, non appena la vecchia forza di funzionamento della vita pubblica si è fatta impossessare dal «sangue», in quanto «proprietà» e «spirito» aggiunto; ma questa è una domanda tecnico-sociale. Così ha avuto oggi, come il denaro determina i valori di di vita degli ariani di alto lignaggio, degli ebrei giunti al «Semi-Gotha», ma è anche diventato il misuratore di potenza della maggior parte delle componenti dello Stato. Disintegrata internamente ed esternamente, l’autorità razziale gra­dual­men­te si estingue; ma dove trionfa, sviluppa una tale massa.

L’idea razziale – di grande valore quando lega la linea di sangue alla materia prima per una elevazione della propria volontà – è alla fin fine solo promotrice di tutte le de­ge­ne­ra­zio­ni di massa, quando assume dell’individuo la propria sovranità. E vale che il mero ordine della fame, esso deve ovviamente es­se­re utilizzato fino all’assurdo e crea non altro che una massa chiusa un po’ più ristretta dalle sue leggi. Questa tenzone quin­di ha dominato il mondo con il retaggio dei compagni di rete, gli ebrei. Gli ebrei sono in tal senso i primi «gentiluomini».

Quindi, la moralità dei gentiluomini di Nietzsche rimane un’illusione disumana di massa, semplicemente a favore del più potente potere economico.

Anche se parla di Superuomini – maturati sul campo, sos­pinti da volontà individuali – ma ancora una volta è il vecchio piatto campo della Massa, dove rimane, il livello al quale la massa ha formato e dove ogni nuova forza deve diventare di massa, inizialmente ostile alla massa nel modo più duro. E questa pianura è il potere esteriore.

Nietzsche non ha visto attraverso la ragione della coer­ci­zio­ne obbligatoria – la fame. Quindi ha scaricato sul Cris­tia­ne­si­mo la colpa della regolazione delle masse.

E ha quindi in alcun modo incolpato la quota di fede eb­rai­ca, che aveva dapprima affermato l’allevamento purosangue e poi espropriato ogni uomo nel rigido monoteismo, ca­rat­te­riz­zato, tuttavia, quali più potenti sostenitori della nostra schia­vi­tù comune – no! ha rigettato su Cristo l’odio – sul vero li­be­ra­tore dell’autocoscienza perché la carità dà certamente agli oppressi, presi dal morso della fame, validità e calore, anzi il Cristo ha disprezzato il ricco e potente, però, dando coraggio ai poveri. Certamente, per chi è sazio e benedetto, a cui torna comodo l’ordine della fame, il superamento terreno di Cristo è ancora troppo presto; possono quindi andare così raramente nel regno di Dio come un cammello può passare attraverso la cruna di un ago o è dato a un ippopotamo di volare. I poveri, tuttavia, stanno vivendo profondamente la miseria del caos della fame.

Nietzsche quindi definisce il Cristianesimo essere una rivolta di schiavi. E tutta la sua rabbia amara si applica alla credenza nell’Aldilà, che il superamento della morte di Cristo, promesso come mai prima. Nella credenza dell’Aldilà, vede i peggiori nemici dell’orgoglio del Signore, anche se la storia avrebbe dovuto insegnargli come i sacerdoti e le donne idolatri abbiano dominato con le braccia tese a cotanta consolazione per l’Aldilà, mantenendone saldamente la presa per le mag­ni­fi­cenze di questo mondo; che è stato ben sfruttato, alla grande, dal lato socialista.

Quindi, come Nietzsche ha visto in tutto l’Aldilà gli av­ver­sa­ri della forza gioiosa del suo pio desiderio, nonostante tutto l’affermazione della vita a spoglia negazione dei più interiori scopi di forze naturali, fa anelare a questa esistenza oltre quel­la diventata delle masse, questo essenzialmente per il fatto che è diventata fuori in un Aldilà esterno, senza coercizione della massa. Ecco perché il pensiero di «Superuomo» di Nietzsche non è significativamente diverso dalla convinzione di massa che da ultimo osanna quale ultima possibilità di esistenza.

La volontà di potenza, in cui ha impostato la radice ultima dei valori, è questo stato fondamentale terreno, interiormente nulla, ma tristemente gloria a breve propria volontà della vita individuale non raggiunto oltre i limiti del corpo al nuovo crea­to, che poi prende forme diverse e in funzione della durata della volontà di vivere. Il superuomo è nulla senza l’ultra­ter­reno in cui i vincoli della fame insiti nella massa sono superati.

All’arrivo dei percorsi delle piste della nullità universale ed eguaglianza, come porta anche la convinzione di massa di Nietzsche; nella vita reale, infine, la volontà di potenza e la volontà del Signore si basano in definitiva sull’esistenza delle masse, non appena egli vuole dimostrarsi attivo. Un uomo di volontà come Napoleone non avrebbe potuto, senza un esercito di massa, mantenere il suo dominio.88a

l superuomo -umano è così piccolo come la moralità dei gentiluomini, una salvezza dalla valida illusione – rimane la volontà per una vita da formica.

Ancora, Nietzsche parla dell’eterno ritorno di tutte le cose.

Ma confessa l’eterna rigidità della morte, la tormentosa nullità, la mancanza di un obiettivo e la futilità di ogni cosa e ogni aspirazione. L’esistenza dell’eterno ritorno di Nietzsche sarebbe un ciclo a orologeria, in una travolgente presentazione. Nietzsche lotta contro le linee di pensiero di Kant – eppure l’eterno ritorno di tutte le cose è essenzialmente la stessa cosa che Kant intendeva per irrealtà di tutti gli sforzi del tempo e dello spazio. Quando una «logica», travestita in altri da «mi­to», è la stessa di morte dalla disperazione, dalla comp­ro­mis­sio­ne della Terra – sufficienza oltre la metafisica – nelle il­lu­sio­ni superstiziose di auto-annullamento.

No, una vita incrementata non significa per Nietzsche ora, ma dal momento che il valore di valorizzare la forza vitale di lui propria natura, il futuro della natura, il ringiovanimento della esistenza, sono a lui rimaste incomprensibili, in par­ti­co­lare in deroga alla loro aspirazione. Non ha pertanto afferrato il fenomeno fondamentale dell’esistenza. Né il suo lavoro in quanto tale, è ora esenzione e liberazione per la massa forzata – al massimo, parte dell’auto-fallimento della «autorità mo­ra­le» che impone il «No», opposto del precedente «Sì», con punto di arrivo, finito e definitivo, lo zero.

Lo scorpione si punge lui stesso.

Anche questo è meritorio, questa è l’importanza di Nietz­sche alla vigilia della svolta del mondo.

Non con lui, solo dopo di lui, comincia ad albeggiare.

* * *

Nietzsche cita un detto da Balzac: filosofare significherebbe scoprire le proprie ferite.

Certamente: dalla sofferenza provengono tutte le fonti del­le domande che l’ uomo si pone a riguardo dell’esistenza e le risposte mostrano quanto dolore ha dovuto affrontare. In tol­le­ranti-sofferenti, sarà l’immagine del mondo emerso come una fatalità (percepita come un capriccio o come coercizione); nell’urgenza della sofferenza sorgerà la visione del mondo della sfida; ma in convalescenza dal mondo della sofferenza, lo si supera con il ringiovanimento della vita. L’impostazione at­ti­verà la mentalità: in tal modo ci sono anche le filosofie da ferite guarite.

Il recupero della volontà, il rifiuto di ogni superstizione dell’esproprio dal libero arbitrio con il pieno riconoscimento dei propri bisogni nella volontà di esistenza – ciò si manifesta nel mio pensiero.

L’auto-superamento di follie filosofiche, con le armi adatte di filosoficamento, significa il mio spettacolo di vita; in questo c’è la conclusione di tre millenni e mezzo di sviluppo mentale. Per essere sicuro, ci sarà un numero infinito di filosofi che ver­ranno dopo di me; ma che vivranno, a modo loro, le fasi pre­ce­den­ti della mente, perché ogni passo è così internamente eter­na­mente vivo e rappresenta la verità vera per chi entra in una natura secondo la volontà. Questo è l’unico «ritorno eterno», non delle cose, ma degli stati. Ma quali pensatori tutti in buona salute, efficienti di vita, si sta procedendo con scadenza su quanto ereditato, è il mio pensiero – e seppur non avendo mai sentito parlare di loro – ti trovi a riviverli.

Se un tale pensatore poi, proprio come me, continua a maturare la chiarezza vita, diventa la visione del mondo, del mondo vede la fede chiara (Clarismo) di Elisarion, la accetta con gioia e testimonia per lui.

Certo, per alcuni aspetti Kant è la conclusione della filo­so­fia, nel senso che ha interpretato i valori concettuali come semplici forme di pensiero, timbrato tutto edificio intellettuale a mero paesaggio di sfondo e, come l’ultima parola pensiero concettuale, per conto del concetto puro, ha annunciato il vin­co­lo generale che ogni volontà espropria e dissipa il pen­sie­ro per sempre.

Ma con questo, si è liquidato unicamente che il sofisma dello spirito, rimase – acutizzato – il sofisma della volontà che si sviluppa in Fich­te, Scho­pen­hauer, Hartmann e Nietzsche: resistenza personale per sottomissione generalizzata per Fichte, adottata avversione rifuggente la volontà in Scho­pen­hauer e Hartmann, la volontà irrigidita da tetanici crampi, in Nietzsche.

Da questo vicolo cieco della mancanza di vita la volontà di pensieri strappò la visione del mondo che ho sofferto e com­bat­tu­to con successo, e da parte mia mi stava preparando per il Clarismo. Al di là di Kant, ho riconosciuto le forme di pensiero come forme volontà e le sue categorie, schemi per la com­pren­sio­ne – e leggi dettate dalla ragionevolezza quali varianti di questa grande categoria e forma primordiale di quanto in­ten­de­vo come «metamorfosi funzionali di individualità»: non esisteva il vocabolo della esistenza propria (Eigenwesen), per primo l’ha modellata e creata Elisarion nel 1910; e anche a farlo da solo, ero incapace, mancandomene l’intuizione più profonda. Ma già viveva in me, seppur sempre e solo nella misura in cui ne sentivo l’influenza del’»ambiente», quando venivo respinto su me stesso.

* * *

Ero forse solo determinato dal mio condizionamento mentale per uno tra i mille e rotti sofisti – mi ha chiamato al risveglio, da appena tredicenne, l’amore precoce e la passione quale una ragion d’essere con la personalità, che mi ha mostrato per sem­pre l’amore quale indice dell’esistenza.

Sono stato anche un poeta – innumerevoli altri, lo erano anche loro – ma allo stesso tempo e subito giudice dell’ordine di amore-sessuale e di tutte le annesse rimostranze. Infan­til­men­te sovreccitabile, ma mentalmente seguito a rigorosa co­nos­cenza dei fatti della vita, scevro da esperienza di vita, in me imposi per scalar la vita, la fedeltà più assoluta, la volontà incrollabile, una inscindibile alleanza di «anima e core». Sono diventato un asceta, da un profondo erotismo.

La gente mi appariva come pozione fatta di senso mise­ra­bi­le e menzogne. Con una forte sensazione di aver esagerato la volontà di «pietismo» della casa dei genitori, tanto più che, intellettualmente, lo rifuggivo. Alimentata da un singolo mes­saggio orale di risposta nell’amore e di speranza per una co­mu­ni­tà, con la ragazza amata attraverso anni e anni, la mia sen­sa­zio­ne si è sormontata.

Non volendo amare d’impulso, avendo avuto il mio essere tutto giurato l’un verso l’altro, non volendolo rovinare sod­dis­facendoli con meretricio e svalutandolo, e quindi avvalersi unicamente tra quanto rimasto in campo nella lotta tra l’as­ti­nen­za ed eventuale solitudine rilassante in amore, restò l’in­sod­dis­fazione – ho avuto sentimenti di inimicizia per gli amici e, infine, l’amarezza.

Già in età prescolare, una doppia sensazione mi ha in­dot­to, oltre all’immutata, ma ormai diventata anemica, mental­men­te sensazione dell’amore, mi è cresciuto il desiderio di rompere con la vita. Quando avevo diciassette anni, le parole mi giunsero in un pericolo mortale:

 

Quella morte? Oh, questo è tutto! morente

Non dovrei essere dispiaciuto, ma vana lussuria!

Ricevo oro, invece dei sottili frammenti

Della vita, non consapevole di alcun dovere.

 

La forza di volontà concentrata freneticamente aveva portato alla malattia della volontà, e come supporto vitale c’era, oltre a una dipendenza in fiducia di controllo di amore, solo il proprio orgoglio, anticipando, chiuso nell’arroganza, quanto può essere rivendicato che da una valutazione che solo la vita reale, con la sua performance, può stabilire. Comprensibilmente, è che lo spirito della casa dei genitori, lo spirito della più stretta sub­or­di­na­zione ha respinto tale domanda – comprensibile, ma anche in mezzo a ricchezze e le amorevoli cure che mai mi man­ca­ro­no, era ancora infelice, solitario e povero, abbandonato tra l’apprendimento e compagni di giochi, dal momento che il mio primo amico d’infanzia si era trasferito lontano.

Mentalmente, mi ha spinto via dalla scuola la sterile chiac­chiera, nuovamente alla esplorazione della natura e, quin­di, è nata l’ostilità contro il Cristianesimo, che mi significava solo subordinazione ed esproprio di me. Piuttosto, mi piaceva allora buttare via la vita, rinunciandone alla volontà, e poco mi di­ce­va­no o mi si addicevano «specificità», me stesso tutta la mia «natura», la mia personalità. Avvincente assurdità, sentimento robusto mi hanno spinto lontano dalla convinzione biblica in Dio malgrado tutti gli applausi, ed inserito in me la forma el­le­ni­ca della vita – plasmata dal mondo ostile di Spinoza, di­ve­nu­to il mio rifugio. Di conseguenza, essere stanco di impedimenti, un Dio ostile alla tua personalità. mi sembravano che la verità tutt’una fosse convincente, perché ha promesso, nella ne­ga­zio­ne della personalità di Dio, la mia liberazione da celestiali tiranni e ciò che egli ha chiamato – la dissoluzione della natura particolare – era per me piuttosto la benvenuta e salvatrice, di certo non una perdita.

L’impossibilità assoluta volontà di poter fruire in un qua­dro del mondo di quel genere, non si è prospettata a me in quanto tale, la mia propria volontà era operativa, ma solo nel forte rilevamento di questa fede negazionista, che era una rivolta contro la convinzione prevalente. L’apparente indi­pen­den­za di questi liberamente svolazzanti pensieri. mi permise di sperimentare il vecchio errore, la perdita del libero arbitrio pesantemente presente in alcuni, specie se disgustati dalla autorità coercitiva, agisce contro il Principato a un sacco di volte per rendere omaggio alla dominazione di massa int­rin­se­ca­mente controproducenti; così mi sono ribellato contro Dio – l’ho visto per la paura idolatra – e sono caduto sotto la cost­ri­zio­ne della natura. Ho anche partecipato a questo ten­ta­ti­vo di suicidio della personalità.

Beh, ho visto come un giovane studente, dopo sette anni di separazione, nuovamente la ragazza e sentito senza delusione l’incantesimo d’amore, ma avevo paura di un cuore credente, ingenuo nei miei colpi e contrasti con Dio, per trascinarvela, te­mendone l’alienazione e – non proferii parola.

Sospinto nella caduta verso il basso, sul percorso del ti­mi­do abominio dei piaceri, né soddisfatto dalla piega che ave­vano preso gli studi del liceo – solo stanco della scienza speri­men­ta­le tecnico-anatomica esteriore, come prima della scolastica – ansimavo per una maggiore rilevazione della vita: Sono giunto a Schopenhauer inebriandomi al piacere della negazione della vita. Volontà ammalata – sì! quello ero io per inibizione dell’a­more: ma in tutta la perversione, c’era una volontà forte che mi ha determinato. Quindi l’appassionata versione completa di Schopenhauer era il modo giusto per maturare il cambiamento di guarigione. Già ho avuto, rielaborando Schopenhauer, pen­san­dolo e rivivendolo alle radici e scoperto l’indipendenza del mio pensiero, ne ho scoperto le alte cime. Respinto nella lotta difensiva le ex formule mentali, e la volontà era lì, per fondare un pensiero particolare.

Poi è successo che il sogno accarezzato d’amore è stato im­provvisamente spazzato via: dall’altrimenti impegno della ragazza che non sapeva del mio eterno amore. Ero rimasto zitto nell’oscurità, tutto il mio essere era scosso dalla disperazione; ma sull’orlo dell’abisso, proprio in quel momento, che doveva essere il mio ultimo, improvvisamente esplose la volontà di crearmi una vita. La unilaterale alleanza di fedeltà dell’amore, diventata finalmente camicia di Nesso, aveva strappato la vo­lon­tà estranea: di fronte l’amara realtà della liberazione, in­de­si­derata mia propria vo­lon­tà si fece avanti, facendosi valere. Finalmente, dopo due settimane, squillò forte in me e deter­mi­nato il motto che ha inconsciamente sempre diretto il mio essere e ora è diventato una guida consapevole:

 

Sii te stesso! In forme propriamente tue

Lascia che il tuo essere si formi da solo,

Vincoli non in morte condizioni

I tuoi poteri si stanno agitando!

Il fulmine deve distruggere le barriere,

Accenderà il bagliore santo,

Volontà in leggi più potenti

Per proclamare la voglia di vivere.

 

In quegli stessi giorni mi venne, per la prima volta, tra le mani Nietzsche.

Sorpreso, vi ho letto qua si parola per parola, frasi che si erano messe in rilievo in precedenza, per proprio conto, nelle mie considerazioni personali.

Immediatamente, ho sentito che vi era presente un grado di parentela del grado di stato era presente e ho fisicamente riposto lontano le opere di Nietzsche, in parte per non esserne distratto nel mio sviluppo da risultati attesi, in parte perché la mia volontà mi ha esortato a semplicemente conquistare il mondo nello spirito stesso – non solo quale feudo da impos­ses­sar­sene sulla scorta dei titoli delle sue opere.

Quindi, per un po’, dopo aver constatato puramente nei titoli l’opera di Nietzsche, sono stato nietzschiano. Ma presto, allorquando nelle mie ricerche stavo sperimentando lo stato nel suo proprio sviluppo raggiunto da Nietzsche nel suo viaggio mentale, testimoniandone il mio destino con gran parte dei suoi risultati di valore, decisi che dovevo andare oltre a quanto aveva a lungo consegnato nella sua conoscenza del mondo.

In realtà, il mio pensiero che si sviluppò quando avevo l’e­tà da ventuno a ventiquattro anni, è principalmente di pre­pa­ra­zione e rigorosa analisi intellettuale di ogni costrizione morale.

Stanco di sprecata scolastica della natura, propinatami invece di vera e propria presa di coscienza naturale, mi sono dedicato alla ricerca storico-culturale che – nel bel senso di Nietzsche – ne erano le prove storiche del suo valore. La mia volontà attiva intuì in tutti i valori l’espressione dello scambio di effetti – così che il senso comune incondizionato, sia schia­viz­zante o imperioso, fu estinto, e il labirinto della storia uma­na fu chiarito, onorando tutte le molteplicità, per una semp­li­ce intuizione dell’effetto graduato. La mia vivace volontà di cu­ri­oso rintraccerà in tutti i valori espressivi lo scambio di azioni – così si spense, annullandosi come se di per sé, la coercizione pubblica quale vettore per una facile comprensione e grada­zio­ne degli effetti. La volontà di potenza, che secondo Nietz­sche è ancora ancorata nel piano della massa, dal mio punto di vista era invece contraria all’azione, quale radice principale della vita. In una provocatoria ribellione contro tutti i valori di massa – non per amore della sfida, ma rivolto alla vita – ho creato i libri di Caino sulla vita eterna, in cui ho pronunciato nelle più forti percezioni l’imperitabilità di ogni individuo, contro gli insegnamenti di paura di tutti i precedenti stati di debolezza.

Era una volontà per la vita, ancora convulsa e gioiosa, più di necessità e pericolo, che di felicità e piacere desiderosi: un gioco avventuroso con la «vita» da demone, davanti al mo­nu­men­to della leonessa morente alla Porta di Brandeburgo a Ber­lino, questo umore l’ho espresso:

 

Questo è in cui la vita lo vuole! Dev’essere strappato

Il più caro per essere noi, il più santo:

Capacità di conoscere il segreto della vita

Il dolore, rompe la catena, da solo!

 

Solo quando la tua linfa vitale salda il debito,

L’illusione, quella abbagliante, ti libera

Solo coloro che sono sfuggiti dalle insidie della felicità,

Restano vincitori nella sete della vita eterna ...

 

* * *

E ora voltai le spalle, per me non più fertile controllare le abi­tu­dini, ed entrai nel percorso di comprensione reale.

Le formule matematiche da me rilevate, «passi» d’effetti, non potevano soddisfarmi ed ho dovuto implementare la for­mu­la del contenuto della vita; d’altra parte, la formula mi ha sospinto a rendermi conto che i rapporti d’effetto hanno unica­men­te senso se hanno bisogno di poteri individuali che entrano in un rapporto ed effetto e ottenerne così il valore; altrimenti il ​​tutto diventa vuota roba da giocattoli, come oggi il pensiero della scienza che con ostentazione pretende di presumere – in espropriati benefici del senso di schiavitù.

Io, di mia volontà coscientemente, come partecipante all’a­zione, resistendo, dirigente nelle forze, dovrò comprendere la propria volontà nell’esistenza degli esseri-come punti di vita reale.

Così ora chiaramente, ho visto in infiniti impulsi all’a­zio­ne, in atto per innumerevoli multi-forze agenti, in seguito chia­mate «attive» forze primigeni, la struttura del mondo. Ma solo perché sotto il loro effetto sarò guidato a tutte le intuizioni e mi sono sentito di aumentare i valori della vita attraverso la mia azione – in modo da diventare il mio primo contenuto e contenitore, essere delle forze attive per il miglioramento sti­mo­lante della vita, la crescita della forza.

Contrariamente a tutte le convinzioni di massa che nas­condono dietro le leggi naturali proprie scelte e tutti gli in­di­vi­dui nominalmente svalutati a frazioni altrettanto fermamente misurate nella somma dell’esistenza eterna, ho avuto l’intui­zio­ne del costante aumento del valore del mondo quale somma della potenza mondiale dal costante potenziamento della forza inerente al sistema fondamentalmente dal lavoro sull’ala finita di poteri individuali.

Quindi solo l’esistenza sembrava aggiungere obiettivi, che significa vita, e non una battuta d’arresto sorda come quella nell’eterno ripetersi di Nietzsche e il mondo di Kant delle cose e la natura di Spinoza di Dio e Platone predicano in sé idee e tutti gli altri pensieri intermedi di credenza a tale eternità. In opposizione a tutto il preesistente tessuto, forze e com­mer­cia­liz­za­zione di fede spirituale, intellettuale, mistico, tipo mate­ma­tica – in contrasto con la fede inorganica nella sostanza, di questa fede organica ne ho fatto mia propria crescita, gius­ti­fi­ca­to unicamente il perseguimento individuale in una pienezza di significato della vita: ed è per questa fede che ho capito tutti i fenomeni di massa unicamente come motivo di inibizioni che sollecitano degenerazione. In un segno di crescita del valore, mi ha convinto la sovranità naturale dell’individuo in quanto sarà d’urgenza all’atto.

Nel modo più contenuto, ho definito questa convinzione nella seguente frase:

 

Andasse distrutto il mondo intero, ed una singola forza attiva fosse mantenuta, tutto il vasto complemento della ricchezza mondiale della loro esistenza, vi si ritroverebbe nuovamente come un punto di auto-stimolo in tutta la sua molteplicità.

 

In totale e radicale antitesi, la mia nuova percezione è rivolta contro tutte le precedenti.

* * *

Qui, a questo punto il mio contributo sarebbe stato giunto al termine, in dirittura d’arrivo, non mi avesse incoraggiato Elisa­rion. Ciò che ho ulteriormente riconosciuto e ora confesso è il frutto della vita dall’albero di Elisarion.

Considero un privilegio spirituale adorare cose superiori oltre a se stessi; vano è unicamente un senso ottuso, in cui la crescita interiore della vita si è arrestata, anche se ne prende selvaggiamente il sopravvento. Quindi sono unicamente forza di volontà, onestà e gratitudine quando mi impegno per Elisa­rion; sarebbe il disprezzo di me stesso, avessi voluto canni­ba­liz­zare i pensieri di Elisarion, senza enfaticamente riferirmi su di lui, allorquando la fede originata in Dio mi ha dato l’oc­ca­sione di ulteriori puntuali approfondimenti.

Non è il culto della personalità che esplico, quanto in­vi­dio­si e meschini vorrebbero sia. Una personalità che così cresciuta tra fallimento, l’odio, la sofferenza, la privazione, ben oltre le vicissitudini terrene, e mai nelle sue opere, né poetiche né pittoriche, portò la sua sofferenza a farne spettacolo, ma sop­rat­tut­to pronunciò il loro superamento, non per ambizione e la fama. Le sue seguenti parole da un momento molto difficile (1896) lo testimoniano:

 

Cosa conti le tue lacrime, cuore malato,

e i tuoi dolori, oh, fiori così ricchi?

Che cosa stai piangendo? È solo uno scherzo.

Di cosa ti lamenti? Quanto sono belle le tempeste!

 

Cosa conti il tuo dolore? Ripiegale

con uno stato d’animo felice per la corona funebre.

Oh, ascolta! c’è melodia nella tua sofferenza;

e sofferenza e canto, quanto presto tutto è morto!

 

Bolle di luce solare nelle tue lacrime

la bella luce. Oh, sembri nel cuore!

La notte sarà solo quando l’occhio è stanco.

Tu cuore malato, cosa conti il tuo dolore? 89

 

Certo che oggi vuole e può dire meglio: «Sarà giorno, giorno! quando l’occhio è stanco.»

C’è qualcosa di grande in lui, ma nulla è più lontano dalla sua natura cordiale e benevola della esaltazione, spirituale e sociale; ben lo sa, chi lo conosce personalmente.

Ma è la mia vocazione spirituale – solo perché sono un tale natura spesso diverso da lui – di passare la fiaccola sacra del Chiaro Messaggio che egli mi ha acceso dopo che la Buona No­vel­la si presentò veramente in esso, nel suo splendore.

A dire il vero, sarei stato incapace di cogliere chiari re­so­con­ti, se la mia stessa volontà non mi avesse condotto fuori dalle profondità dello spirito, fuori dalle credenze di massa. E, naturalmente, ancora una volta, sono comunque ri­mas­to ig­no­ran­te al trattamento successivo di Elisarion finché non ero ancora maturato alla transazione completa di tutte le previe illusioni. E naturalmente – lo confesso – la maturità in libertà di Elisarion sarebbe giunta che molti anni più tardi, non ci fosse stata la silenziosa influenza di Elisarion.

Elisarion ha attirato in me – non senza sforzo e grande pazienza – il primo riconoscimento del suo messaggio di vita! quindi è comprensibile che io sia in grado di mostrare per mol­ti la via della liberazione. Per questo sto preparando il primo percorso per l’Alto Osservatorio della Chiarezza, il Sacro Cas­tello del Clarismo, l’opera di Elisarion.

Il linguaggio spirituale di Elisarion in parole e linee è limpido e chiaro come una sorgente di vita o un nuovo radioso paesaggio solare.

Ma per molti, questa eroica serenità e semplicità è ancora strana. Il percorso verso questa visione chiara e l’intuizione spesso passa attraverso cupi burroni, attraverso il sottobosco spinoso di una civiltà deformata e su muri che sembra bloccare ogni sentiero. Agli escursionisti attraverso un tale labirinto, ovviamente non ho potuto indicare un ordine superiore di vita, non avessi anch’io avuto da percorrere tutto il labirinto in cui si abbandonano, e si rivive. Conosco la loro ricerca e il loro non-trovare, ho superato tutti gli ex compagni di ricerca per esserne e confessare tuttavia: anche io sono che una prefazione alla verità.

Era insufficiente, nel mio modo di vedere, che mentre lei fondava tutto il potere e lo giustificava profondamente – io ancora miravo nel vuoto.

Riconoscendo, in tutta l’apparenza di massa, la dege­ne­ra­zio­ne degli sforzi individuali e comuni, ho riassunto tutta l’esistenza in un ordine comune, che era meglio chiamato dis­ordine; le differenze di valore che esso riconosce sono dis­ug­uag­lianze di uno stesso livello; il nudo sconclusionato su­pe­ra­mento di stati inferiori nell’ambito di superiori, rimane una folla vuota del tipo di vibranti vortici di etere e fluenti elet­tro­ni, sterile e insignificante, lo stesso comparabile al più veloce movimento nello spazio infinito che in sé significa non più di completo arresto. Lo stato senza futuro del caos ha compreso completamente la mia intuizione, persino il caos pur sempre caotico. Ma l’inquietudine urgente è rimasta incompresa di quanto ancora il mio sentimento e l’anelito già sospettando avevano circoscritto: il mistero più oscuro del caos, il più leg­gero dell’ambasciata della coppia di gemelli del mondo tras­figurato – la forma e lo spirito.

Le realizzazioni di Elisarion mi sollevarono dal buio con spirito creativo: come firma del Regno in mezzo alla confusione della terra che mi permise di vedere tutte le forme coerenti – la forma: nella gioia nobile mi ha insegnato gli applausi di ris­cat­to dell’anima volta a Dio in crescente sensazione; in cont­rap­po­si­zione, alla sofferenza imperfetta in un mondo aggrovigliato, mi ha mostrato il perfetto Chiaro Mondo di Dio, in aiuto del primigenio sal­va­to­re quando da Erode confessa Cristo, sal­va­to­re della la terra: un nuovo evangelista e apostolo di Cristo che ne avversa il vecchio, silenzioso messaggio dell’amore di Cristo in un senso più profondamente «apostolico» della creazione e vendetta attraverso il «Chiaro Messa» dell’amore liberatore di Dio, ne ha superato il proprio.

Da quando ho acquistato la vista in gioiosa fede salvatrice, mi ha decifrato il santo codice segreto della verità di Dio, non che appare in un mero «a specchio di parole oscure» (1 Corinzi 13:12), ma in luce di tracce di bellezza, la gioia e la bontà nel certificato cupo del caos, in quanto individui significativi con­ducono un palinsesto confuso. Significa che tutti possono ri­co­nos­cere e leggere nel contesto; per la prima volta, tuttavia, significava lasciarlo illuminare l’essenza, il significato e l’an­ti­tesi. Ed è quello che Elisarion, illuminato da Dio, ha fatto – per se stesso, per me e per il resto dell’umanità.

Le immagini precedenti del mondo come destino e come uno stato d’animo scemato dopo la visione del mondo di sfida – come la fede eroica ha incontrato la visione del mondo nel superare la vita e di ringiovanimento in me. Superare le ini­bi­zioni Caos – pesantezza e la morte, la fame e le illusioni, men­zogne ​​e l’odio delle catene dell’anima – nel chiarire le forze trascendenti nello sforzo della propria natura: questo di­ven­ne la mia vita per la verità.

«Sono un essere proprio» ora posso iniziare quale Clarista con le parole di Elisarion, l’alto impegno per il «Dio ignoto», che ha in opere quali il «Nuovo volo», trasmesso come docu­men­ti di umanità superiore indicando per ciascuno la fonte del chiarimento di desiderio auto-esplicativo. C’è la risposta alla domanda: «Cos’è per noi il Clarismo?», il cui fuoco dell’anima negli «Inni del Sacro Castello» divampa così energicamente e sinceramente.89a

* * *

«Vai a leggere!»

* * *

Indicare Elisarion all’umanità, è ora la mia missione, così com’è, nel claristico riconoscimento di Cristo, il conquistatore della terra, il supremo liberatore, in Dio il più glorioso vin­ci­tore e plasmatore di bellezza. Deve, il nostro, santificarlo nella parola, nelle opere e nella forma, perché è stato chiamato a farlo, per essere rivelato alla vita attraverso dolore e gioia – ma anch’io posso fare la mia parte perché ho sofferto dall’or­di­na­men­to del caos e ho seppur sperimentato l’ordine dell’amore del regno di Dio.

Tuttavia, non fu cosa inutile che fossi risvegliato dalla mia prima passione per l’amore, impoverito e nel contempo arric­chi­to, estenuamente annientato, la sofferenza dello spirito umano era chiamata alla fine, eppure guidata da un desiderio ardente in avanti e verso l’alto, verso la soglia del mondo di Dio di Elisarion. In verità, la mia guida alla luce attraverso il mondo confuso del Caos, era amore.

Il ringiovinamento della vita

 

Traduzione Bruno Ferrini

1 Corinzi 13:12 Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto.

I labirinti dello spirito

Indice

 Prefazione

 Introduzione

L’immagine monistica del mondo:
il mondo quale stato d'animo

IIl pensiero della giungla

IIIl pensiero contadino

IIIL’inizio della mania idolatra

IVLa fede olimpica dei signori

VLa fede del Sinai

Perché Cristo divenne Gesù?

Il pericolo della razza

La visione del mondo legalistica:
il mondo come costrizione

VILa fede borghese I

VIILa fede borghese II

VIIILa fede borghese III

IXPilastri della società

Il mistero della fame

La visione individualistica del Mondo
Il mondo come sfida

XCriminali

XILa contraffazione della vita

XIIPaolo

XIIINietzsche ed io

 

I labirinti dello spirito PDF (tedesco)

Friedrich Nietsche, 1875

Friedrich Wilhelm Nietzsche, 1844–1900, era un filo­logo classico tedesco. Solo postumi i suoi scritti lo resero famoso in tutto il mondo come filosofo. Nell’opera altro ha creato poemi e composizioni musicali. Originariamente cittadino prussiano, divenne apolide dal suo trasferimento a Basilea nel 1869.

Nietzsche è diventato professore di filologia classica all'età di 24 anni al termine dei suoi studi presso l'Uni­ver­si­tà di Basilea.

Il giovane Nietzsche fu particolarmente colpito dalla filo­sofia di Schopenhauer. Più tardi si è allontanato dal suo pessimismo e ha posto una radicale affermazione di vita al centro della sua filosofia. Il suo lavoro contiene aspre critiche di moralità, religione, filosofia, scienza e forme d'arte. La cultura contemporanea era più vivace nella vita di quella della Grecia antica. L'obiettivo ri­cor­ren­te degli attacchi di Nietzsche è soprattutto la morale cristiana e la metafisica cristiana e platonica. Ha messo in discussione il valore della verità in generale e ha quindi aperto la strada a approcci filosofici postmoderni. I concetti di Nietzsche sul superuomo, sulla vo­lon­tà di potenza o sul ritorno eterno danno origine anche a interpretazioni e discussioni fino ad oggi.

Freiherrliches Taschenbuch,
Libro tascabile baronale, 1893

Gothaischer Hofkalender (Almanacco di Gotha) era il titolo di una serie di libri editi da Justus Perthes, dal nome del suo luogo di pubblicazione Gotha, ed è diventato famoso in tutto il mondo come Il Gotha. È un repertorio della nobiltà europea, una voce in questo calendario era considerata una prova di origine nobile.

L'Hofkalender apparve per la prima volta nel 1763. Fino al tempo della Seconda Guerra Mondiale, l'almanacco fu aggiornato in numeri annuali con contenuti di titoli diversi, sempre leggermente modificati e completati.

Immanuel Kant, 1791, ritratto di Gottlieb Döbler, Ostpreussisches Landesmuseum, Lüneburg

Immanuel Kant, 1724-1804, fu un filosofo tedesco dell’Illuminismo. Kant è uno dei più importanti rap­pre­sen­tan­ti della filosofia occidentale. La sua opera Critica della ragion pura segna una svolta nella storia della filosofia e l’inizio della filosofia moderna.

Kant ha creato una nuova e completa prospettiva filo­so­fi­ca che influenza in modo significativo la discussione nel 21° secolo. Ciò include non solo la sua influenza sull’e­pis­temologia con la critica della ragione pura, ma anche sull'etica con la critica della ragione pratica e dell’estetica con la critica del giudizio. Inoltre, Kant ha scritto scritti significativi sulla filosofia della religione, della legge e della storia, nonché contributi all'astronomia e alle scienze della terra.

Johann Gottlieb Fichte
Eduard von Hartmann

Johann Gottlieb Fichte, 1762-1814, fu un educatore e filosofo tedesco. È il rappresentante più importante dell' idealismo tedesco, accanto a Friedrich Schelling e Georg Wilhelm Friedrich Hegel.

Karl Robert Eduard von Hartmann, 1842-1906, era un filosofo tedesco. È anche considerato «il filosofo dell'in­cons­cio». Il tentativo di von Hartmann di riunire due diversi modi di pensare (razionalismo e irrazionalismo) nella sua filosofia dell'inconscio, sottolineando il ruolo centrale dell'inconscio.

Il suo lavoro ha influenzato psicologi del profondo come Sigmund Freud e Carl Gustav Jung.

Arthur Schopenhauer, 1815,
ritratto di Ludwig Sigismund Ruhl

Arthur Schopenhauer, 1788-1860, era un filosofo tedesco, autore e insegnante universitario.

Schopenhauer ha progettato una dottrina che include, allo stesso modo, l’epistemologia, la metafisica, l’estetica e l’etica. Si considerava lo studente e il completatore di Immanuel Kant, la cui filosofia concepiva in pre­pa­ra­zio­ne del proprio insegnamento. Trasse ulteriore ispi­ra­zio­ne dalla teoria di Platone delle idee e delle idee delle filosofie orientali. Fu uno dei primi filosofi del mondo di lingua tedesca a concepire il convincimento che il mondo fosse basato su un principio irrazionale.

Nessos e Deianeira, dipinto di Arnold Böcklin

La camicia di Nesso, viziato regalo foriero di disgrazia.