La contraffazione della vita
Criminali e trasgressori: questo è nel senso più profondo, coloro che si distinguono, si differenziano dalla fame, a scapito della pace comune – l’assassino, il ladro, il violento; ma anche il genio.
Ombrosi, li ha sempre sentiti l’umanità: spaventosi quanto lo è l’afflizione di vita ordinata e regolata dalla fame – comunque la vita pulsava più realmente, originariamente nella loro volontà di persone coraggiose, che nei soliti e grigi cittadini borghesi. E ciò che questi non erano in grado di vederne il senso: perché un trasgressore sarebbe in realtà solo feccia dell’umanità in subbuglio, mentre l’altro, un profumato frizzante prezioso vino – relegato dallo spirito ignaro dagli alti lai dell’umanità.
Nel posizionare e sigillare l’anima dell’umanità, si affaccia sul e oltre il caos esterno, dove la fame esaurisce ogni ordine liberatorio a vincolo più saldo, la sovranità di Dio all’idolatria, ladri a eroi, castelli e templi a carceri, bracciali a catene – in cui l’ordine inferiore si oppone al più elevato – dove l’ordine si dilania, si trascina al patibolo. Il loro destino: diventare mortali per avere dietro di sé un passato di morte e per offrire un diniego, in nome della vita futura, di tutti i passati e nonostante il loro soccombere, farsi passare per vincitori – questo il destino dell’umanità, nel profondo brivido di tragedie; questo è il vero significato di tutto ciò che è tragico. I personaggi cattivi non sono tragici – perché hanno poeti, che ne hanno denunciato le figure come cattivi, ma sempre pronti a puntare in alto nei loro sentimenti e descrittone le atrocità quale caos ottuso nella confusione di nobili spiriti.
Tragicamente, la vita si non attua che distruggendo altre forme di vita, la fame sarà risolta solo dalla morte di altri – che una nuova legge si affermi che a torto di altri, questo è l’amaro risultato di una ingiustizia ereditaria.70a E poiché la legge attuale appare, in virtù del suo regolamento della fame, per la maggior parte come un ordine divino, in quanto tale, è adorata, considerando empi coloro che hanno il bisogno di applicarla altrimenti , che desiderano aiutare un ordine divino superiore più vicino agli intendimenti.
Quindi non c’è peggior destino di quello del messaggero di Dio che appare come un bestemmiatore, il liberatore dell’umanità è odiato, quasi fosse un nemico del genere umano.
La doppia sequenza di vita – in salita nelle singole forze e in proprio, affondando nelle forze di massa – si dimostra anche qui da coloro che, per ringiovanire la vita, conservano il caos; e su questo sviluppano anche la loro immagine di Dio. Questa persisterà solo in massa e vogliono ordine costante, e sentirsi tutt’uno con l’universo e le sue leggi, fedelmente quando la vita interiore è immobile, esternamente da sgobboni, allora sono «naturali». Gli altri si sentono, a causa di un ordine superiore, e parla in loro un desiderio ignaro, la durata di uno stato grezzo dell’esistenza. Lottano contro di esso, e raggiuntolo in ogni stato, diventato unicamente la natura della fame, ancora una volta a combattere l’acerrimo nemico della vita superiore: una volta era il mostro dei cespugli prigeni, ora sono i filistei e le leggi ingiuste.
L’illusione impropria dei fedeli non può essere confutata più generosamente che dalla azione di questi individui che presumibilmente ottengono ancora l’impossibile rompendo il ciclo della fame- per donare ordine alla vita. Dopo tutto questo credere unitario, nemmeno un folle ubriaco in manicomio sarebbe stato in grado di sognare ciò che sarebbe risultato essere la più chiara volontà umana, realizzata nei fatti.
La tragedia è di per sé una confutazione dell’unità di fede, come confessano le contraddizioni e contrasti di natura profonda; chi ha mai sentito il brivido della tragedia, ha visto la scissione della natura dell’esistenza, è tutto chiacchiere e cervello, nonostante la «dualistica» visione della vita.
E anche quelli che deridevano la vita, sia in rabbia o allegria innocua, quale modo di esonerare «dualistico» della vita, in vista della contraddizione di aspirazioni. Commedia, come la tragedia, sarebbero impossibili per la fede della monotonia-monismo, se avesse ragione; lo strappo come le risate ed i sorrisi professano questo grande dramma dell’esistenza, i cui vettori sono gli esseri naturali. Solo chi ha attraversato insensibile nella vita la cieca indifferenza, mai sofferto e mai guardato in avanti, mai oltraggiato e mai delusione e nemmeno speranza, mai entusiasmo e mai sentito alcuna separazione né conosciuto l’addio, mai fatto o voluto scelte – unicamente quello è il veramente monistico.
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L’idea di questo doppio standard è stata esposta in tre grandi figure mitiche:
– In Prometeo-Lucifero, questo portatore di fuoco e del fascino della luce che finalmente volle rendere caparbiamente e indipendente la gente da ogni idolo d’animo – ha veramente risvegliato in loro il potere peculiare della riflessione per un obiettivo intelligente (προ-μηδ = prima-credo) e quindi attraverso stili di vita attivi, quali compagni sono chiamati all’ordine di lavoro divino; dopo l’idolatria, era un alto traditore, mai abbastanza punito.
– In Don Juan, che rappresenta la ribellione elementare contro la costrizione dell’amore della famiglia quale statuto che approfitta della fame.
– In Faust, che vuole estendere i limiti della conoscenza all’ incommensurabile e, per amore della luce, cade in preda ai poteri oscuri.
In queste forme, l’uomo di mondo ha cercato il simbolo del proprio volto. Per Eschilo, Prometheus non era più quello meno indicato dagli agricoltori artigiani quale fedele al fuoco, ma semplicemente raffigurato come un ladro impostore di Dio – ha parlato con la bocca Prometheus, e sarà la fine degli idoli forzati. Faust non era più il mago avido di Goethe – no! nelle verità di Faust, ha visto e confessato la forza di volontà che conduce a Dio.
Naturalmente, in Don Giovanni nessuno, che si affacci sul denaro libertino egoista, ha elogiato l’amore del piacere quale fuoco che, regalo all’anima caritatevole, in tutta confusione e nonostante, conduce al più alto grado di santità: Eros come direttore spirituale. Non è un caso, perché tutte le barriere potenti le ha costruite il fantasma affamato, in un delirio morale negativo: è qui che la fede, a idolo caduto, diventa il vero baluardo della coercizione del pubblico incredulo, della massa. Su questa barricata, dovrà ancora essere neutralizzato l’ultimo anello di liberazione di auto-esistenza.
Assuero, l’ebreo Eterno, appare come una figura subordinata al destino terreno. Ma quel maledetto viaggiatore è in realtà più che il simbolo semplice del popolo ebraico – è l’immagine destino del delirio e follia della fame, delusione per l’umanità affamata, ingannata, la cui espressione più cruda è, tuttavia, lo stato mammonistico. Tesori terreni strappati e così sperando in realizzazione nella vita, sempre più cacciati dalla brama di potere, senza sosta la caccia redditizia attraverso la vita, sempre più estraneo alla pienezza della vita, un altro Midas, che muore di fame nel bel mezzo dell’oro.
Questo fenomeno non ha ancora trovato il suo vero poeta: l’essenza del delirio della fame, fino ad ora non riconosciuta, è rimasta, ancora più che mai, l’illusione di massa in paramenti sacri di una razza impegnata ad annunziare il soddisfacimento della fame quale legge sacra di sangue, una volta che l’ultima traccia della propria volontà sia da essa estinta.
Prometeo, Don Giovanni, Faust non sono invano punti di riferimento così enormi di una guida luminosa della vita; sono anche i leader corifei dei tre più bassi livelli di volontà affollati in ogni momento contro il fantasma della fame – i tre formano l’intento della trinità contraria e la mera condizione di esistenza sulla vita che vi si svolge: forza creativa, l’amore e la gioia veggente.
In verità, ogni impulso, che noi conosciamo come fame, difesa della morte e voglia di imparare, viene da questo potere personale, governato in trinità. Certo, la vita proposta per la fame dimentica il vero significato reale dei suoi impulsi e pensa di fare il meglio non appena dura tutto il potere creativo solo per il sindacato sterile beffeggiandosi di tutto quanto vada oltre, di buon occhio – se è il desiderio di amore consentito solamente quale semplice generazione di nuovi lavoratori in sostituzione e quanto vada oltre persegue – se valuta la chiarezza della mente solo come un mezzo per la ricerca del pane e, cosa va oltre, beffata. Quanto diretto unicamente per spirito di ricerca al dominio della fame, diventa il peggior insegnante di bugie – disciplinato unicamente dalla fame, la più disordinata lussuria diventa tra i peggiori allevatori di follia – unicamente per fame, si soddisfa l’impulso creativo facendolo il peggiore mezzo d’espropriazione e vassallaggio.
Quindi, la fame ha davvero tradito la volontà, accecandola, abbandonandola e vuole distruggerla completamente tramite una menzogna della mente, del cuore, bugia della creazione.
Ma a confutazione dell’illusione della fame, sua inibizione e sfida, ci sarà la vita di auto-affermazione, l’aumento e consolazione risorgerà in ogni volontà, per quanto sia stata sfruttata e derisa, quale forza interiore, puntando più in alto.
Lo strumento, nato da un’idea dal disegno profondo, in padronanza e riorganizzazione della natura, poi finito magicamente a nudo mezzo nella regolazione della fame, può «tecnicamente» diventare arte;71 la volontà di amare, per la regia di alta doppia messa in vibrazione, e quindi limitata alla mera riproduzione dei lavoratori, trasmette quale nuova entità, tuttavia, il germe di fiamma divina che brilla nella sua propria gloria, fiorisce prima che il livello dei giovani scenda al groviglio della fame. L’impulso alla chiarezza che aspira alla vera struttura della vita e poi, con una confusione superficiale, è semplicemente scocciato ed esaurito, ma irrompe comunque nella mancanza di vita, e guarda nel soprannaturale, afferrando con fede il mondo divino, dove le disposizioni libere si innalzano nell’ordine dell’amore. Fede, amore e bellezza combattono ripetutamente contro il senso onnipervadente dell’umanità di massa espropriata – lo spirito trino di Dio, che sconfigge il diabolicamente malevolo spirito del Caos.
È anche per questo che il cieco, il velenoso odio della stupidità di massa contro la fede, l’amore e la bellezza – questa trina speranza del Regno di Dio.
Che gioia per la bellezza a volte fallisca nella debolezza o nel egoismo quale aiuto – ciò che l’amore nel turbine spesso scambia per la fedeltà del cuore – che la fede in forte zelo per la verità ne facilita l’acquiescenza: si avvantaggia per traverso il fantasma della fame e allegramente li erge contro di loro e sa come rendere i suoi servi facilmente dimentichi dei suoi errori del caos – coercizione, distruzione e menzogna – esser centomila volte peggiori, sì! che esso! con i suoi veleni segreti decompone le forze della luce, nell’acquisto del pane quotidiano, il denaro e l’avido potere. Quello che mancano è il caos causato nel conflitto con l’essenza stessa – quello che ha, la fame, causata essenzialmente in verità, è peggio di quello che si perdono, perché innumerevoli esseri viventi e le forze di vita distrutte, sprecate ogni giorno, il bisogno di cibo in eterna ingiustizia ereditaria,72 molto maggiori rispetto alla peggiore offesa per impulso sensuale, zelo per fede o per esuberanza. Nonostante tutti gli errori, i risultati ottenuti dalle molteplici forze di vita ne aumentano il vivente valore intrinseco seppur detestati, a scapito del delirio della fame, con fede, amore e volontà creativa.
Onde maturare le gesta gioiose federative a coraggiosa fiducia divina di sopravvivenza, per spronarle a cooperazione vigorosa, per portarle a scambi sempre più ricchi – attraverso la bellezza l’amore della fede, in modo approfondito con l’amore della fede alla bellezza: questo è il significato, l’origine, l’obiettivo dell’arte. Per rivelare il volto di un’esistenza superiore: nella bellezza; per rivelare la sensazione della vita superiore: nella gioia dell’amore; per rivelare la volontà di certezza in più alta energia: nella fede – che era il desiderio di tutti gli artisti che fedelmente ne tracciarono le possibilità di esistenza, la ricerca, inventando il senso della vita in forme e rivelandole nelle loro espressioni.73 Contro le intemperie, a protezione della vita, un tetto rifugio per eroi, luoghi di santificazione di Dio, creati dagli architetti: la vita con il fascino colorato contro fantasmi, fantasmi di morti rivestiti da repliche e poi il Dio determinatezza nel corpo umano confessandone colore e linee, hanno creato gli artisti figurativi. Gli accordi delle armonie, la cacofonia del dolore, stremato in grida di aiuto, i compositori l’hanno versato nell’anima e così testimoniato il significato di obiettivi di vita. Come più profonde luci della confusione terra, come la più alta veggente della futura esistenza eterna di Dio quale chiarimento, il poeta suggerisce i vecchi demoni di preghiere, commissionati quali formatori di fedi.
Il lavoro del grande artista, l’amore desiderio più semplice del cuore, la fede conforta il più semplice come lo spirito più elevato che testimoniano anche intrinsecamente contro la follia di masse religiose, la fame compromessa: credenti testimoniano contro di esso, con preoccupazioni, lacrime e il coraggio, a loro spremute da fame, il disordine del caos.
I portatori di sofferenza del destino umano tracciano il percorso dello sviluppo della vita, eroi silenziosi in una lunga fila, caduti prima delle vittorie: e accanto, tra gli altri, altri che sono addirittura sepolti nell’oscurità della corte dell’umano giudizio.
Quindi si muovono verso l’alto attraverso l’accozzaglia della memoria umana, questi martiri di tutta la salvezza dell’umanità.
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Quindi, allineate a più grandi figure luttuose, minori vittime di illusoria idolatria, delusione morale, delirio oscuro, la fame come illusione – quale duraturi monumenti della lotta dell’umanità contro l’irrigidimento dell’umanità.
C’è Oreste, che – costretto dalla vendetta – come l’espiazione dell’unica ingiustizia produce solo nuova ingiustizia e nuova vendetta. Il conflitto degli impegni comuni indica chiaramente che essi, come il diritto – questo è certamente negazione della pura potenza di violenza, avvistato sopra la condizione di caos – radicata ancora nel caos ed i suoi guai ed è più volte falsificato da loro, impigliati nella fame e la sua follia, la vendetta, delusione di sangue. L’ingiustizia della legge è qui per sempre attestata, proprio come nell’obbligo al duello di allora e nei divieti del duello dei tempi di oggi.
Anche se Eschilo, nella sua poesia ha trasferito la colpa a propria vendetta e glorificata in un superamento a tribunale di popolo – in realtà, era molto più che sete di sangue la motivazione di Oreste, piuttosto l’illusione paurosa degli idoli che non si concilia con il sangue della volontà di spirito del Padre fantasma di vendetta. La riconciliazione del sangue sembrava essenziale ed indispensabile. Lo stesso Apollo divenne, stando alla saga, debitore di sangue quando uccise il drago prodotto dal caos.
Così profonda, non meno assertiva anche per gli dei, era la profonda idea di base della sacralità di tutta la vita. Anche se il segno eterno del caos l’ha capovolta nell’esatto ordine inverso, ha richiesto in espiazione del sangue unicamente altro nuovo sangue, portato a diventare follia di vendetta sempre più raccapricciante, il cui segno più grande finalmente diventerà Cristo, come lo capisce la Chiesa.
Il fatto che non ci sia una reale conservazione dell’ordine legale nei tribunali comuni, è attestato, accanto a Konradin, da Carlo I d’Inghilterra e Luigi XVI. La fatalità di Michael Kohlhaas, che fu respinto dai tribunali, a dispetto dei diritti in sentimenti profondi del diritto, marchiato quale gigantesco criminale; e allo stesso modo, un po’ anarchica illusione, come – romanticamente – descritto da Schiller nel personaggio di Karl Moor.
In realtà, vivono nel giusto essere, pensieri sublimi: l’idea che intuisce tale ordine di vita, assicurando ogni ricerca proprio in mezzo a tutt’altra zona di libera attività, a prescindere dalla forza fisica, la ricchezza, legame familiare e del potere – a condizione che, a sua volta, si confessa a tale ordine di vita, gli altri settori della vita paghi di questa idea di una legge di tutti, sono quale terreno legale, che una povera caricatura deformata nell’intento di smorzare i calcoli della fame, superstiziosa coercizione abbellita. Dal momento che non può mai rimuovere la vera causa dei litigi – la fame – si ricerca una ragione falsa ed apparente: nell’auto-ricerca; e questa assurdità opprimente, moltiplica ulteriormente i semi del caos, mortali per i germi della vita. Eppure, come tale caricatura ancora avvolta, la legge sarà quanto meno l’idea di una luce superiore, spesso creando la rottura sanguinante con la ingiusta applicazione della legge, produttrice, fino a quel momento. agente e affatto nessun educatore, nel delirio di rigida conservazione e vendetta.
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L’illusione che la maggior parte dei promotori della tragedia della legge ingiusta e l’ingiustizia legale, già riconosciuta dallo spirito ellenico, che altrimenti era incline a arroganza, con la «hybris» per vederne il vero peccato. Ma anche nella insolenza, è proprio l’illusione che ingannò la gente, nei limiti di scadenza dei poteri. a trascurare le vere barriere della vita.
Tantalo è l’illusione di ingannare gli dei, accecato è caduto, strappando tutto il suo genere nella sua corsa verso la distruzione – Laio, ingannato dall’illusione, sfidando l’avvertimento divino, testimonia a lungo il disastro di un genere. Da mania a protervia, protervia che a sua volta testimonia mania, e la catena di ingiustizia e guai non si interrompe. Sì, per rompere l’arroganza, gli stessi «Dei» inviano l’illusione, per rendere piena la misura e piegare così interamente, attraverso le umane inevitabili conseguenze – in modo da precipitare Penteo e Fedra, in una follia di blasfema idolatria.74
Ma gli dei stanno meglio? Non è chiaro anche a Zeus? Prometeo gli predice che egli stesso sarà testimone del successore che porterà alla fine del suo regno. E Balder muore perché il cieco Hödur tira delle frecce, in gioco. Imprevedibile anche per gli «dèi» il loro destino, costretti a delusione e arroganza, all’odio, all’invidia e reciproca concorrenza; seppur più potenti delle persone, ma misera udienza dinanzi al disastro sono gli dei, come hanno visto l’uomo profondamente piegato e costretto dalla fame e dal suo caos. Costretti, a loro volta e a torto, si sottopongono all’ingiustizia umana nella punitiva parvenza di sovranità – sovra-terrena miseria.
Discrezionale ad esso, appare anche tutto il senso della fede nel Signore Jahvè, che si è trasferito attraverso il caos e si ritrova, con in gran parte degli altri dèi, la dignità e la sacralità. È’nato dalla disperazione, una vista immensa luce della mente, che naturalmente la difficile situazione della confusione ne ha consentito solo una mezza intuizione ed idea, quasi unicamente e solo una negazione della fede precedente, per cui la divinità era appena stata che solamente un potere naturale di grado più alto – qui era la divinità portata alla disponibilità di tutti. Naturalmente, al senso depresso e sottomesso degli ebrei mancava l’intuizione sulla natura impegnativa e sulla benedizione dell’aiuto di Dio. Così la natura santa di Dio è rimasta mezzo velata nell’oscurità e a metà si presentava come la fonte di tutto ciò che accade, l’opposto di ogni individuo dalla sfida sfrenata di espiare in punizioni eterne.
In verità, colui che ha negato, di fronte e per la prima volta, gli dèi – Zeus e Jahvè – è stato, nonostante l’errore, una mentalità dal grande cuore.
Il grande pensiero di Jahvè, lo poteva davvero portare alla vita che il messaggio di Cristo Padre, e questo per sempre, quale buona notizia può agire veramente, solo quando il Chiaro Messaggio della entità propria si fece vicino, alla luce del quale anche l’aspetto del più profondo spirito ellenico guadagnò nuovo potere di guarigione, la santificazione di ogni bellezza: in essa e non nei supremi antenati che hanno animato l’Ellade nelle leggende degli dèi, perché piuttosto, queste leggende hanno offuscato la luce al suo sorgere e germinazione, come altrettanto i personaggi della Bibbia hanno offuscato la fede.
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Senza questa intuizione clarista riguardo la propria essenza e la sua divina missione, l’ultima forza di volontà è rappresentata da grezza e sprezzante sfida.
Eppure anche questa cieca sfida si confessa passando per il nulla, ed inutilmente smussa l’innegabile contraddizione tra finzione divina degli idoli della fame calibrata all’ordine pubblico, gonfiata fino alla immobile rigidità delle leggi onnicomprensive della natura, e apparentemente impossibili, apparentemente pericolosi enormi sforzi degli istinti naturali.
La contraddizione è lì: sembra vacillare il terreno della vita senza quegli apporti, il flusso della vita, senza proprie essenze, si blocca.
Una doppio necessità si rende evidente: osservanza delle condizioni generali, ed altrettanto della volontà di ogni singolo – inarrestabile e inesorabile come bene proficuo alla vita, inalienabili sia le une che le altre. Tuttavia, essi sono incatenate purtroppo inevitabilmente in un conflitto, incompatibili tra di loro – la peggiore dove oggi la propria volontà è stata allocata a mania del lavoro, una forma di auto-esistenza, così apparentemente integrata a piena soddisfazione del pubblico. Sì, nel ciclo di conservazione e blocco all’immobilità – non per una fase di sviluppo e di crescita!
Ciò eleva gli idoli a contraffazione della vita, ma anche dopo il periodo leggendario, pone i pensatori a confrontarsi penosamente con la problematica del libero arbitrio – alla cupa luce della legislazione e del caso, quale questione di alimentazione o di onorevole follia, decisione di vita per coloro che si sono ribellati alla sovranità del tutto, nella sovranità del proprio potere.
Tutte le precedenti convinzioni, sorte dallo spirito della fame, non hanno alcuna risposta al presente quesito, e non può nemmeno la mancanza di risposta difficilmente ammettere la questione., ma cercano di soddisfare l’interrogante con la chiacchiera del tutt’uno, per coprirne la loro incoerenza.
Traduzione Bruno Ferrini
I labirinti dello spirito
Indice
L’immagine monistica del mondo:
il mondo quale stato d'animo
IIIL’inizio della mania idolatra
IVLa fede olimpica dei signori
La visione del mondo legalistica:
il mondo come costrizione
La visione individualistica del Mondo
Il mondo come sfida
XILa contraffazione della vita
XIIPaolo
XIIINietzsche ed io
I labirinti dello spirito PDF (tedesco)
Prometeo (in greco per il lungimirante, perspicace) è, quale portatore del fuoco, l’originatore della civiltà umana. Secondo una variante del mito, creò i primi umani da argilla e li dotò delle loro proprietà. Tuttavia, avvennero errori, le cui conseguenze sono carenze di cui, da allora, soffre il genere umano. Epimeteo, il fratello di Prometeo, coinvolto nel lavoro della creazione, corresponsabile di queste mancanze, sarebbe l’imprudente «dalla mente avventata». Contro il parere del suo lungimirante fratello, si lasciò sedurre da Pandora, che Zeus gli aveva inviato, e aprì, sconsiderato dalla curiosità, il vaso di Pandora.
Nella mitologia greca, Oreste è figlio di Agamennone e Clitennestra. Le sue sorelle sono Iphigenia, Chrysothemis ed Elektra.
Agamennone si impegnò nella guerra di Troia e fu assente per 10 anni. Clitennestra sposò Egisto senza attendere il ritorno del marito. Quando Agamennone tornò a casa, lo uccisero in rappresaglia per il sacrificio di Ifigenia nella guerra di Troia. Anche Aigisthos voleva uccidere Oreste. La sua balia lo salvò consegnando ad Aigisthos, quando chiese la resa di Oreste, suo figlio, e così uccise il falso. Elektra chiese ad Oreste, quando divenne suo marito, di vendicare l'omicidio di suo padre. Così, otto anni dopo l'atto di sangue, Orestes interrogò l'Oracolo di Delfi, che lo consigliò di cercare vendetta. Ucciderà pertanto Aigisthos e sua madre Clitennestra. Le Erinni, dee della vendetta, colpiranno Oreste con follia e lo perseguiteranno. Finalmente venne ad Atene, dove la sua azione fu negoziata sull’Areopago. Due interessi giuridici erano opposti l’uno all’altro: la protezione della madre contro le avvesrsità e la richiesta di lealtà e fedeltà nei confronti del marito, e la punizione per omicidio. Finora, era stato deciso a favore della madre. La vicenda di Orestes cambierà la giurisprudenza. Per vendicare l'omicidio di suo padre da parte di Clitennestra, aveva ucciso sua madre nel senso dell’Oracolo di Delfi, nel senso di Apollo. Nel processo, Atena, dea della città, fece una supplica in suo favore: la sua voce farà la differenza - Oreste verrà assolto.
Il complesso e reciproco impegno di vendetta della famiglia di Agamennone è stato rappresentato in molti spettacoli teatrali e opere.
Apollo è il dio della luce, la guarigione, la primavera, la purezza morale e la moderazione, così come la profezia e le arti, in particolare la musica, la poesia e il canto. L' Oracolo di Delfi, il più importante sito di oracoli dell’ antichità, era a lui dedicato.
Il primo atto nella vita di Apollo, nato a Delo, l’isola galleggiante, fu l'uccisione del serpente Pitone, che per volere di Era perseguitò sua madre Latona. Poiché questo serpente con gli straordinari poteri profetici era stato una figlia di Gea, dovette andare in espiazione a Tarra, Creta, e presentarsi lì per una cerimonia di purificazione.
Tantalo era un re potente e incommensurabilmente ricco, figlio di Zeus e Plutone. Tantalo fu invitato a mangiare sul tavolo degli dei, ma rubò il nettare e l'ambrosia, cosa che fece arrabbiare i suoi ospiti. Quando gli dei andarono a un banchetto del re, cercò di mettere alla prova la loro onniscienza: uccise Pelope, il suo figlio più giovane, e lo fece servire agli dei per un pasto. Anche se Demetra ha consumato una parte della sua spalla, gli altri dei hanno immediatamente notato l'atrocità. Lanciarono i pezzi di carne del Pelope in un calderone, e Cloto lo ricuperò di nuovo in una bellezza conosciuta. Lo scheletro della spalla, consumato, dagli dei sarà sostituito con l'avorio. Gli dei guidarono Tantalo nel Tartaro e lo tormentarono con tormenti eterni, i proverbiali «supplizi tantalici». Frutta e acqua sono a portata di mano ma rimangono fuori dalla sua portata. Alla fame e alla sete si unì la costante paura per la sua vita, mentre un possente macigno aleggiava sulla testa di Tantalus, che poteva cadere da un momento all'altro e ucciderlo. Gli dei hanno maledetto lui e la sua discendenza, gli Atridi. Ciascuno dei suoi discendenti ucciderà un membro della famiglia e farà pagare ancor più colpevolezza. Una lunga catena di violenza e di criminalità è stato attivato in modo che la sua fine era soltanto l'ultimo degli Atridi: con Oreste, che ucciderà la madre Clitennestra e vendicherà così l'omicidio del marito Agamennone, suo padre. Oreste si è visto indicato il suo destino attraverso un morso di serpente.
Laio era il re di Tebe, il marito di Giocasta e il padre di Edipo.
Penteo era pure lui re di Tebe. Quando Dioniso arrivò a Tebe, le donne celebrarono sul Monte Citerone una festa di Baccanale in suo onore, Penteo, tentò di evitarla visto che si tentava di catturare Dioniso. Quest'utimo convinse l'illuso Pentheus a travestirsi da donna ed andare ad udirsi le menadi tra le montagne. Quando arrivò sulla cima di un albero, fu scoperto e lacerato, nella furia del baccanale, dalla propria madre e le zie e Ino e Autonoe che pensavano fosse un animale selvatico.
Fedra è incantata da Afrodite, che la fa innamorare del figliastro Ippolito. Questi rifiuta il suo amore. Fedra poi si suicida, ma prima lascia su un piccolo piatto la falsa accusa che sia stato Ippolito. Quando Teseo ritorna e trova Fedra morta, maledice Ippolito, dopo di che quest'ultimo fugge con la sua carrozza. Su richiesta di Teseo, Poseidone invia un mostro marino che fa imbizzarrire i cavalli di Ippolito. Ippolito cade dalla carozza, viene preso nelle redini e trascinato a morte.